lunedì 24 agosto 2015

100 chilometri a nord

Pistoia non è un nome qualsiasi nella storia della rinata Mens Sana, nella sua seconda vita. Qui un anno e mezzo fa si pose una delle prime pietre simboliche della rifondazione che poi ci sarebbe stata, con il ritorno di volti noti (e non solo la parte storica del tifo organizzato, che poi ha sostenuto con forza la via scelta per la ripartenza) attorno a quell'ultima Mens Sana Basket che a sua volta stava cominciando a scrivere la sua favola: quel 16 marzo 2014 a Pistoia la Mens Sana patì (di un punto, col libero della parità a 5" dalla fine sbagliato da Janning... ancora tu!) la sua unica sconfitta in due mesi e mezzo, quelli della risalita dal quarto posto con cui si arrivò alla Coppa Italia al secondo posto con cui si entrò ai playoff.

Pistoia è la piazza del gemellaggio che c'era, e che certo non c'è più. Pistoia sarà la prima squadra di Serie A che, in precampionato, la Mens Sana tornerà ad affrontare dopo il fallimento. Pistoia è l'unica squadra toscana al momento più in alto della Mens Sana. E Pistoia è la piazza che oggi ha offerto qualcosa che non può passare inosservato.


Il punto non è il paragone con la cornice che c'era a Siena per il "primo allenamento" della Mens Sana di Ramagli: prima di tutto perché anche al PalaEstra la questione non sarebbe su chi c'era (onore, bravi), ma su chi non c'era; poi perché - paragone per paragone - viene da vedere che nello stesso giorno anche a Cantù, Serie A, tradizione vera, non c'erano neanche un centinaio di persone per lo stesso tipo di evento (il sipario alzato sulla nuova stagione col primo allenamento).

Il punto non è quindi fare un paragone, ma una riflessione viene spontanea. Sarebbe bello che un giorno, magari non lontano, anche Siena possa tornare a vivere questi primi allenamenti stagionali con mille persone. Non che il basket non sia una fede radicata, i duemila abbonamenti dello scorso anno sono stati tantissimi, con l'auspicio di dimostrare adesso che non era stato un caso. Ma obiettivamente, e lo dice l'età media (non solo anagrafica, ma anche di anzianità di tifo), con pochissime eccezioni al di fuori del tifo organizzato, è uno zoccolo duro che affonda le radici nei decenni passati. Certo non negli anni degli scudetti e dei record, la cui semina snob oggi ha lasciato qualche frutto della passione, ma non quanti era doveroso aspettarsi.

Sarà mica Pistoia un posto con una tradizione di basket superiore a Siena? E' però un posto dove oggi c'è febbre di basket. Non è questione di ambizioni: hanno una squadra per salvarsi (forse facilmente, ok), hanno perso Moretti che è stato il più grande protagonista di queste stagioni in A, rispetto alle quali hanno rifatto di nuovo da capo la squadra, con pochi giocatori a cui affezionarsi. Non è questione di investimenti nella comunicazione, perché per quanto a Pistoia ci sia un eccellente lavoro sul marketing (potrebbe non essere un parere obiettivo, avendo amici che ci lavorano) qui non si parla di qualcosa che è stato costruito a tavolino, ma di entusiasmo dal basso.

Non un posto in cui il basket è un circolo chiuso per pochi iniziati che ne capiscono, rispetto al volgo calciofilo, e che sanno mantenere la sacralità della storia, delle radici, della tradizione, con un elitarismo che respinge invece di attrarre. Piuttosto è un posto dove la passione si diffonde non per moda ma per contagio, e per contagio si autoalimenta di entusiasmo (lo dice l'affluenza, lo dice il clima che in quel palazzo si respira alle partite). Una piazza in cui il basket sia il posto in cui andare la domenica. O anche un lunedì pomeriggio di fine estate. Non è questione di invidiare Pistoia, è questione di capire dove si va e si vuole andare anche a Siena.

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