martedì 20 agosto 2024

Il bubbone del palazzetto

No, la questione non è il disagio di dover iniziare anche quest'anno la preparazione fuori dalla propria casa, dopo che già la scorsa stagione la Mens Sana non aveva potuto entrarci prima di fine novembre, per la nuova tranche di lavori di manutenzione straordinaria alla copertura del palasport eseguiti dal Comune e necessari, dopo anni in regime di deroga, per ottenere l'agibilità. No, la questione è il rischio che tra tre anni la Mens Sana la sua casa non ce l'abbia più. La questione è che Siena rischia di non avere più la disponibilità del suo impianto sportivo indoor più importante, l'unico che nei decenni ha avuto le credenziali per ospitare lo sport di vertice. Dritti al punto: in assenza di adeguati lavori, dal 2027 il palasport rischia seriamente di chiudere.  
 
In tema di impianti sportivi tre anni sono la settimana prossima. Tre anni sono domani, visti i lavori necessari, e viste le valutazioni sulle conseguenze da trarre ragionando sul rapporto costi-benefici dei lavori necessari, e sulle strade non banali che si deciderà di percorrere. Abbastanza da far scattare subito l'allarme.
 
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Tre anni, mese più mese meno, sono il tempo che manca alla scadenza dei certificati di idoneità del palasport di durata decennale che risalgono al 2017, non per caso il momento dal quale si è cominciato a parlare in maniera pressante dei problemi dell'impianto. Erano i mesi in cui si lavorava alla cosmesi di una semestrale (per cassa e non per competenza) che non doveva essere respingente in vista di un possibile cambio societario, e si pasturava un corteggiamento che nel giro di poco avrebbe effettivamente portato all'arrivo di un nuovo sponsor e di nuovi soci: i Macchi. Un'era geologica fa. Quello che emerse allora, a livello giornalistico ma anche di consapevolezza generale, approdando anche in consiglio comunale, erano soprattutto le problematiche al tetto dell'impianto, in particolare le saldature, tali da pregiudicare il rilascio da parte del Genio Civile del Certificato di idoneità statica funzionale all'agibilità per il pubblico spettacolo.
  
Già allora era emersa una stima di sei mesi per fare i lavori, anche se poi per anni si è andati avanti per deroghe, concesse dalle due precedenti amministrazioni, Valentini e De Mossi, finché con l'insediamento della Giunta Fabio si è deciso di non poter ulteriormente procrastinare gli interventi. Che erano già stati messi in preventivo e quantificati in opere da 1,1 milioni nella transazione che, proprio allo scopo di svolgerli, aveva visto con effetto dal 1° marzo 2022 la cessione dalla Polisportiva al Comune della proprietà superficiaria del palasport e "dell'intera area esterna, compresi i parcheggi". Una donazione modale della durata di 50 anni più 20 opzionali da cui l'amministrazione contava di rientrare in 8-10 anni, al ritmo di almeno 135mila euro l'anno di locazione ai vari occupanti, facendosi carico di una struttura (dal valore stimato allora di 1,4 milioni) che negli intenti doveva diventare contenitore di molto altro, anche se per renderlo tale è evidente che servirebbero ben altri lavori. Un'operazione con pochi e ben riconoscibili beneficiari, ma che intanto ha permesso di fare i primi interventi con soldi pubblici.
  
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Questi interventi sul tetto, che si completeranno con un'ultima tranche di opere l'estate prossima, non dovevano risolvere il problema? Di certo i lavori fatti riducono i fattori di rischio, e almeno la struttura di acciaio ora dovrebbe essere a posto. Ma la certificazione necessaria tra tre anni riguarda l'intero immobile, non solo il tetto su cui si è appena intervenuti. E allarga il campo dalla statica alla sismica.
Un ambito nel quale lo scoglio in vista tra tre anni rischia di essere ben più grosso. Anche perché nel frattempo, pochi mesi dopo il rinnovo dell'idoneità nel 2017, è intervenuto un aggiornamento delle norme tecniche sulle costruzioni: se a quanto pare si era già borderline ai tempi (ci fu bisogno di una relazione aggiuntiva, e poi si è proceduto come si è proceduto), l'inasprimento rispetto ad allora delle modalità di collaudo rende attuale il rischio che siano necessari degli interventi sulla struttura perché superi le verifiche.  
      
La scadenza alle porte impone come primo passo un'indagine che permetta una diagnosi dello stato sismico dell'immobile, che non è una formalità né solo una relazione tecnica: un incarico professionale complesso, piuttosto, che potrà richiedere l'analisi del cemento armato, scavi, prelievi di campioni del calcestruzzo, carotaggi nei pilastri per saggiare la qualità e l'invecchiamento del cemento e nei terreni per valutare come le strutture dell'epoca rispondono alle sollecitazioni di oggi. Con quello che significa prevedibilmente in termini di tempi: molti mesi visti gli approfondimenti da fare, se non addirittura un anno o più, considerando che si dovrà passare anche da una gara pubblica per l'affidamento. E con quel che ne consegue in termini di costi, che dai primi preventivi rischiavano di essere superiori e non di poco ai 100mila euro. 
 
Sarà questo tipo di verifica a dire se l'immobile può ottenere l'idoneità o se invece serviranno interventi, e in questo caso quali sarebbero le opere di revisione e messa in sicurezza necessarie per attenersi alla normativa: per farsi un'idea, da possibili adeguamenti delle fondazioni, aprendo il vaso di pandora degli scavi, all'eventuale ingrossamento delle strutture in cemento armato, o altro ancora. A cascata poi i passaggi successivi sarebbero il progetto di intervento e l'intervento vero e proprio. Tutto da completare entro la scadenza dell'attuale certificato nel 2027: ogni giorno, mese, anno in più sarà un giorno, mese, anno in più senza palasport. Per questo tre anni sono domani.
 
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In una storia in cui ogni amministrazione ha passato la patata bollente alla successiva, la tempistica obbligata del 2027 impone inderogabilmente che a trovare una soluzione sia questa giunta, in scadenza nel 2028. Che in verità già dall'insediamento ha affrontato di petto la realtà trovata sul tavolo, a partire dalla decisione di chiudere il palazzetto per i lavori necessari: l'urgenza con cui si è deciso di mettere le mani al tetto poche settimane dopo essere entrati in carica ha marcato una discontinuità. Anche rispetto all'indirizzo delle valutazioni e delle relazioni su cui si è fondata l'idoneità del 2017, e poi le successive deroghe.
 
La priorità d'intervento in questi mesi è andata alle opere più urgenti: il rinnovo dell'idoneità sismica è un tema che mette a rischio l'utilizzo del palazzo dal 2027, ma se non si fossero intanto affrontati i problemi sulla statica, l'agibilità dell'impianto sarebbe stato un problema non nel 2027, ma oggi. Anzi ieri, anzi l'altro ieri, visto per quanti anni si è andati avanti in deroga.  
 
Ma l'amministrazione ha già da molto tempo un dossier aperto sul tema di questa idoneità in scadenza tra tre anni, e lo ha in parte condiviso da qualche mese con alcuni soggetti interessati. Nella consapevolezza dei tempi stretti, peraltro vissuti già per il problema del tetto, secondo quanto risulta è già in programma entro la fine dell'anno l'affidamento dell'indagine sismica da cui a cascata discenderà tutto il resto. Quanto la questione del palasport sia considerata strategica e abbia attenzione massima lo racconta l'indiscrezione secondo cui del tema si è parlato anche nelle interlocuzioni col Ministro dello Sport Andrea Abodi in occasione della visita a Roma fatta dai rappresentanti della giunta poco meno di un mese fa.
   
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Qui finiscono i fatti e cominciano gli scenari, che si ramificano in maniera incontrollabile. Conoscere i costi delle opere di consolidamento eventualmente necessarie aprirà poi a quel punto l'inevitabile capitolo delle valutazioni che dovranno seguirne. Impossibile da quantificare oggi, ma i 150.000 euro che sembravano volerci per la sola verifica preventiva fanno capire quanto rischia di salire l'asticella quando si passerà a parlare dei lavori veri e propri. Rendendo inevitabile per l'amministrazione la riflessione sull'opportunità di investire ancora su un impianto che ha 50 anni, su cui si è già speso più di un milione di euro a fronte di un valore stimato di 1,4 milioni, con tutte le incognite che ci sono a mettere le mani su un'immobile non esattamente pubblico visto l'accordo con la Polisportiva. O se invece valutare altre soluzioni. Detto chiaramente: se sia più conveniente l'abbattimento della struttura (spoiler, non costa poco: ai tempi degli appetiti pre-Covid su quell'area, si era parlato di tre milioni). E pensare poi di costruire un nuovo impianto da zero.
  
Ci eravamo già spinti oltre nel tratteggiare le possibilità, ma visto che le prospettive più drastiche allo stato attuale non sarebbero state prese in considerazione dall'amministrazione, al momento ci fermiamo qui, solo al primo livello di scenari. E' comunque facile da vedere che siamo a un solo grado di separazione da ragionare sui costi del piano B e da immaginare un futuro diverso per quell'area della città, e una nuova casa per il basket mensanino, e una nuova casa per la Polisportiva, e magari anche per altre realtà cittadine che da un eventuale effetto domino potrebbero trarre le loro conseguenze. Siamo finiti già molto molto oltre rispetto al punto di partenza. E questo rende bene l'idea dell'impatto della questione del palasport. Un impatto sempre più inevitabile ogni giorno che passa, come quei film sulla collisione con un meteorite. Accendere adesso i fari sul tema e metterlo al centro del discorso è un passaggio ovviamente non decisivo ma sicuramente necessario per dare forza al percorso verso una soluzione. Il momento di prendere di petto la questione è oggi. E non è più rimandabile
 
Segue dibattito.
 

 


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