lunedì 8 gennaio 2024

La Coppa del Costone: analisi di un successo, dentro e fuori dal campo

La Coppa Toscana organizzata e vinta in casa dal Costone è stata un successo. Lo è stato dal punto di vista sportivo, visto che il titolo è tornato alla società della Piaggia, secondo trofeo regionale della storia gialloverde dopo il 2015; ma lo è stato anche dal punto di vista della partecipazione e dell’evento a 360°. Insomma, se il Costone andava alla ricerca di risposte positive (per sé in primis) dalla manifestazione, queste sono arrivate eccome.


SUL CAMPO

Rispettato il pronostico della vigilia che vedeva Bruttini e compagni grandi favoriti. Ma attenzione: non è stata una semplice passerella, nessuno ha steso il tappeto rosso ai gialloverdi. Tutti hanno provato a rovinare la festa al Costone, in particolare un’indomita Fides Montevarchi (che già 24 ore prima aveva rovinato i piani di un’altra corazzata come Prato), squadra che ha impressionato per energia e attitudine difensiva. 

Per 30 minuti il Costone ha fatto a sportellate, battagliato e sbattuto sulle difese impostate da coach Paludi. Poi, a inizio ultimo quarto, si è accesa la luce di Ferdinando Nasello (anche lui non impeccabile fino a quel punto, specie dalla lunetta): l’mvp delle finali ha recuperato palle e rimbalzi, innescando i contropiedi di Ondo Mengue e Radchenko (votato miglior under 23 delle finali) che, di fatto, hanno frantumato l’equilibrio che si era visto fino a quel momento. E lì il Costone ha potuto far festa. Meritatamente perché è stata una coppa voluta e conquistata con forza: se si guardano gli 80 minuti giocati in due giorni, forse in soli 5’ i ragazzi di Tozzi si sono trovati sotto nel punteggio e di parziali veramente minimi che non hanno mai superato i 3 punti. Numeri alla mano nessun altro, se non il Costone, si meritava di vincere la Coppa.

 

SUGLI SPALTI

Le tribune del PalaOrlandi hanno rappresentato una bellissima cornice per il successo costoniano. Non ci sono dati ufficiali sul pubblico, però si può ragionevolmente stimare che ogni sera più di 300 persone hanno preso parte all’evento. Il che non è niente male. Il tutto aiutato dalle gare di tiro dei ragazzi della “cantera” gialloverde che si sono recati a palazzo con le famiglie per fare il tifo. Il settore giovanile è una componente essenziale da portare a palazzo per chi non ha tifo organizzato (la Virtus da anni fa scuola in tal senso). E poi c’erano vari tecnici e rappresentanti di Pianeta Costone, ma anche giocatori di altre squadre (Prosek della Mens Sana per esempio non ha mai marcato visita), ex giocatori ed ex allenatori del Costone e tanti addetti ai lavori. 

A fine manifestazione il presidente del Costone Emanuele Montomoli ha detto che la società sta lavorando per portare gente al Costone: una missione non semplice ma su cui si sta lavorando facendo programmazione e cercando di far leva sulla passione cittadina, sempre fertile, per la pallacanestro. Una dichiarazione intelligente, a nostro giudizio: perché giustamente puntare sulla qualità può essere anche un escamotage per arrivare alla quantità nel medio-lungo termine. 


L’EVENTO

In relazione a quanto appena detto l’evento, nel suo complesso, si merita un 8 in pagella. Gli sponsor erano presenti ma non invasivi, il merchandising pure, anche la musica alta nelle casse ci stava bene. Ne è venuto fuori un caos semi-ordinato che dava brio e vitalità a una manifestazione organizzata senza eccessi, lasciando giustamente il campo e i colori gialloverdi protagonisti. Alla fine si può dire che anche tutti questi fattori sono stati premianti per il Costone. 


COSA CI INSEGNA LA COPPA TOSCANA

In conclusione: la Coppa Toscana è un trofeo che non dà promozioni. Però è sempre una spilla da affiggere sul petto, oltre che una coppa da mettere in bacheca. Poi si sa: vincere aiuta a vincere. E sicuramente l’aver centrato il successo significa che la squadra di Maurizio Tozzi, oltre che essere forte (come ormai anche le pietre sanno), è anche vincente. E questo è un fattore non di secondo livello nello sport di squadra. 

Anche Prato, per fare un esempio, è forte. Ma non è vincente. E al PalaOrlandi le sono mancate le forze per venir fuori dalle difficoltà contro la Fides Montevarchi. Cosa che invece non è mancata al Costone. Che anzi, ha saputo soffrire, lottare, sporcarsi le mani e sbagliare anche qualcosa in più del solito. Ma alla fine ha trovato il modo per vincere la finale e far sua la coppa. Questo è forse l’insegnamento più prezioso che la Coppa Toscana lascia in eredità al Costone: non si potrà sempre essere belli, ma si deve essere sempre efficaci, adattandosi al contesto per superare le difficoltà. 

Tutto questo acquisirà ancora più importanza specialmente nella seconda fase del campionato, prima, e nei playoff, poi. Se il Costone, che è sempre stata la corazzata di questo campionato, lo ha già capito adesso, per le altre si fa veramente dura.


Andrea Frullanti






























 


  







  



   
 



 

 

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