La vita va molto oltre lo sport, ha ben altre priorità. La
famiglia, la salute, un lavoro dignitoso, l’incertezza del futuro,
l’ingiustizia dilagante, i progetti e i fallimenti personali, gli equilibri nei
rapporti, il desiderio di sentirsi parte integrata di una comunità e al
contempo indipendenti.
Così nella perenne alternanza di situazioni che ci vedono
attivamente o passivamente in ballo, umore e atteggiamento assumono colori e
connotazioni spesso in altalena.
Quando si è forti forti e guidiamo il gruppo e quando invece
si è giù e necessitiamo a nostra volta di essere coinvolti, rassicurati o
addirittura presi per mano e guidati.
Una delle cose che permettono di alimentare le batterie e di astrarsi un istante dalle situazioni quotidiane può essere seguire la vita di una squadra sportiva. Per lo meno per molte persone è così.
Indossarne anche solo idealmente i colori sociali, partecipare emotivamente ai suoi eventi, alle vittorie, alle sconfitte, cercando di cristallizzare nella memoria e nell’umore le cose migliori o metabolizzando le delusioni, anche e soprattutto condividendo in una bella chiacchierata tra amici i propri sentimenti al riguardo.
Per tutto questo, il primo posto in solitaria a Natale della
Mens Sana nel campionato di serie C sta regalando a molti appassionati quel po’
di grazia che può permettere di affrontare le routine quotidiane con uno
spirito in qualche modo alleggerito e un atteggiamento certamente più positivo.
Così ho pensato di fare una ricerca, un parallelo col passato a caccia di
analogie.
Non certo scandagliando tutta la storia sociale biancoverde,
peraltro enorme, ma limitandomi a precise stagioni sportive ovvero quelle che
per millesimo hanno il numero 3.
Il 1973, l’83, il ‘93, il 2003 e infine il 2013, ossia cinquanta, quaranta,
trenta, venti e dieci anni a ritroso da oggi, per capire come, in quali
condizioni e contesto quelle squadre arrivarono al giorno di Natale.
Andiamo con ordine.
***
Nel 1973 si arriva a Natale dopo un mercato estivo che
rivoluziona la squadra. Tre soli innesti, ma la cambiano strutturalmente.
Il tam tam di mercato dà subito per fatta la scelta di Carl
Johnson, visto col S. Marco al Torneo Affogasanti, di cui si hanno lusinghiere
referenze dal Professor Gino Bonali, amico di Cardaioli, che l’ha avuto a
Padova nell’ultimo campionato. Un lungo senza stravaganze, allenabile e
affidabile per i tre anni di esperienza europea già alle spalle.
Ma per la zona pitturata del campo l’allenatore senese non si
limita all’addizione di Johnson e pensa al sacrificio del pur bravo Gigi Paoli
in favore dei centimetri dell’ex nazionale Ottorino Flaborea. Questi a dispetto
di una firma data a lungo per prossima finisce invece per accordarsi con Nico
Messina, già mentore di Bovone, che in serie cadetta guida la Rondine Brescia.
Cardaioli ripiega sul pesarese Santo Rossi, ma un’intuizione
del general manager biancoverde e dirigente Sapori Gianni Pasqualini gli
consegna invece proprio Enrico Bovone.
Non da solo ma insieme a Massimo Cosmelli, altro ex nazionale
che va a coprire il ruolo di playmaker esperto che Cardaioli, forse anche per
motivi di budget, aveva ipotizzato di affidare a Angelo Pulin del Max Meyer
Pescara.
Alla necessità di cucire il gioco addosso alle identità fisiche e tecniche di Bovone, Cosmelli e Johnson si aggiunge la limitata disponibilità del collante della squadra Fabio Giustarini, uomo di fiducia del coach, impossibilitato a allenarsi oltre tre giorni a settimana perché soggetto agli obblighi di leva, che in quell’annata ‘73-’74 gli valgono la convocazione nella nazionale militare.
Nonostante le difficoltà di assemblaggio il precampionato del Sapori è però
brillante: tredici vittorie, di cui una con i francesi del Le Mans di Art
Kenney e tre sole sconfitte. Di misura, di cui due da compagini di livello
ampiamente superiore come la Virtus Bologna di Dan Peterson e la Yugoplastika
Spalato di Pero Skansi e Damir Solman.
Poi finalmente il 4 Novembre è campionato. Il primo in serie
A.
Vi si arriva in affanno per il dubbio di non poter utilizzare
il Dodecaedro per i requisiti minimi di capienza imposti dalla Federazione.
Quattro società hanno già ricevuto il veto per i rispettivi impianti: le
blasonate Pallacanestro Cantù e Reyer Venezia, rispettivamente costrette a
giocare a Brescia e Vicenza, il Saclà Asti migrato a Torino e la Sebastiani
Rieti destinata invece a Roma.
A Siena si nutre invece la speranza di giocare al palazzetto dopo che la
capienza viene adeguata grazie a una tribunetta in tubi Innocenti tirata su
alle spalle del canestro lato ferrovia.
Infine la sospirata deroga arriva, ma solamente a poche ore
dal match d’esordio contro – ironia della
sorte – l’Innocenti Milano.
Ma nelle ultime settimane del 1973 seguire la squadra del
cuore assume connotati quasi da penitenza non solo per astigiani, canturini,
reatini e veneziani, quando a seguito della crisi petrolifera mondiale il
Governo italiano vara drastiche misure di austerity con l’intento di
limitare il consumo energetico nazionale.
Il Consiglio dei Ministri a fine Novembre impone, tra le
altre misure, lo stop alla circolazione delle auto private la domenica.
Il costo dei prodotti petroliferi s’impenna, scendono i
limiti di velocità e viene ridotto persino l’utilizzo della pubblica
illuminazione. Non fanno eccezione bar, ristoranti, cinema e locali da ballo che
loro malgrado vedono contrarsi l’orario di apertura. Si spengono le variopinte
insegne pubblicitarie che di notte colorano le grandi città.
In una cittadina come Siena è per molti l’occasione per
impossessarsi delle strade, camminare in libertà, condurre una vita più
salutare e per certi aspetti spensierata. Non ultimo andare alle partite a
piedi o in bicicletta.
Ma nelle medie e grandi città la situazione è diversa e i
mezzi pubblici sono presi d’assalto.
Per venire all’aspetto agonistico, a parte due gare vinte in
Coppa Italia, si arriva a Natale con un record di quattro sconfitte e tre
vittorie in campionato, tra cui la prima esterna.
E’ il 23 Dicembre e mentre per i motivi che abbiamo
visto al Dodecaedro la Brina Rieti di Lombardi affronta in casa
il Brill
Cagliari di Otello Formigli e John Sutter, a Vicenza un canestro sulla sirena
di Piero Franceschini impatta il punteggio costringendo ai supplementari la
Canon Venezia di Zorzi, Hawes e Carraro, che è reduce da cinque successi
consecutivi.
Dopo 40
minuti di difesa ossessiva su Hawes, movimenti e pazienza da orologiai in
attacco e rotazioni limitatissime – Cosmelli, Franceschini, Granucci, Johnson e
Bovone e dalla panchina i soli Giustarini e Bani – anche nel supplementare i
biancoverdi frenano l’irruenza dei veneziani che avrebbero nella corsa una
delle loro caratteristiche e li costringono a soli 4 punti in cinque minuti.
Il finale
dice 76-70 per la Mens Sana, che sale al settimo posto con la Sinudyne Bologna.
A un
terzo di stagione regolare, Johnson ha 20 punti di media e un high di 26,
Bovone 17 e un record di 31 contro Cagliari e Cosmelli 12.2.
E’ sì il
penultimo attacco – 74 a partita – ma pure la quarta difesa del torneo (76,1).
Nella
classifica di pura efficienza il rapporto tra i punti realizzati e quelli
subiti ci colloca a metà classifica, ben lontani dalle squadre già indiziate di
giocarsi la retrocessione.
E più ancora, eccettuata la fortissima Varese di Morse e
Meneghin, anche nelle sconfitte abbiamo saputo imporre i nostri ritmi,
costringendo gli avversari a punteggi inferiori a quelli cui sono abituati.
Con la
vittoria di Vicenza Cardaioli manda un chiaro messaggio al campionato: giocare
contro la sua Mens Sana sarà difficilissimo per tutti.
Gabriele Grandi
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