Il ritorno, domenica, della saga tra Mens Sana e Costone ha l'odore antico di quella nuvola di magia che salta fuori a riaprire per la prima volta dopo 54 anni uno scrigno chiuso allora e poi mai più neanche toccato. Quando si deposita la polvere, con la dolcezza del ricordo, resta quel retrogusto malinconico di incantesimo rotto, nel sottrarre un brano di storia cittadina alla mitologia che l'ha tramandata per un paio di generazioni, per riportarlo ora nella dimensione imperfetta del mondo reale, oggi così totalmente diverso da quando era stato congelato.
Riportare alla vita quella storia di identità contrapposte nelle condizioni in cui si può farlo oggi, in tempo di pandemia, in un acquario, senza un palazzo a trasudare trasporto e a grondare grinta, senza la propria gente attorno a respirare aria di derby come un solo polmone e a restituirla moltiplicata a chi va in campo, al massimo tra urla sguaiate e probabilmente alterate dei pochissimi che a qualche titolo potranno esserci, non è la stessa cosa, non può essere la stessa cosa.
Non è questione di non rendersi conto del momento che sta passando il mondo e la città, che in questi mesi sta rinunciando a quanto ha di più caro, categoria in cui una partita come questa rientra a pieno titolo. Ma il significato di una sfida del genere vive anche di elementi che in questo momento non possono esserci. La partita è una partita di Serie C Silver come se ne giocano a migliaia, la cornice invece... Non sarebbe stata in ogni caso una festa di quelle coi popcorn, le bandierine e i coriandoli, ma una festa di agonismo, sfottò, arguzia e rivalità: ritrovare un'occasione del genere dopo mezzo secolo, ma ritrovarla solo così, è un peccato che si racconta da solo.
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Ritrovarsi in Silver ha il sapore dell'occasione speciale ma non della vittoria, non il frutto dell'ascesa di una parte ma della caduta - doppia caduta - dell'altra. Eppure resta speciale rivedere di fronte due istituzioni sportive e culturali della stessa città che hanno nel proprio mito fondativo, ma soprattutto nelle prove provate della propria storia, la paternità e la maternità della pallacanestro in Italia, quelle che più di chiunque hanno argomenti per vantare un ruolo da pionieri: in assoluto l'Associazione Ginnastica Senese di Ida Nomi Pesciolini come "giuoco ginnastico per giovinette" (quella palla al cerchio che forse avrete letto da qualche parte) uscito dal programma della serata del 27 aprile 1907 in Sant'Agata ma poi applauditissimo al Concorso Nazionale di Venezia il 12 maggio successivo; i ragazzi della Palestra Fides di monsignor Nazareno Orlandi con la prima partita maschile di cui si abbia traccia di qualcosa più vicino al "basket-ball" il 23 maggio 1909, poi replicata una settimana dopo al Concorso Ginnico di Firenze.
In una Siena che 50-60 anni fa viveva i germogli della crescita urbanistica, sociale ed economica che l'ha resa quella di oggi (e di ieri), trovarsi di fronte per la prima volta a livello di prima squadra in Serie C fu il confronto tra due mondi diversi: più distaccato, eterogeneo ed esigente il seguito della Mens Sana, figlio anche dei legami storici col Liceo Classico, che attingeva anche dal bacino delle altre sezioni della Polisportiva e dalle loro famiglie che andavano al basket per tifare la loro società; più sanguigno e numeroso allora il popolo della Piaggia, un corpo sociale più diffuso in città e radicato nella natura aggregativa da cui era nato, nel brulichìo del Ricreatorio di via del Costone 9 da cui sono passati centinaia di ragazzi senesi.
Non ci si era trovati prima perché una prima squadra il Costone prima non ce l'aveva, nata nel 1965 e protagonista nel 1966 del doppio salto dalla Promozinoe battendo anche la Virtus con la celebre Covata del '47 tirata su da Giorgio Brenci, e questa riedizione 54 anni dopo sì che sarebbe stata (anche) la SUA partita a un livello che le parole non bastano neanche a spiegare: la sua perdita è la più fresca, e per questo ancora particolarmente dolorosa, e purtroppo neanche l'unica a privare del revival alcuni dei protagonisti di quei giorni di storia cittadina che una rimpatriata se la sarebbero meritata, e goduta.
Entrare nel mondo del basket con un gruppo totalmente fatto in casa è stato il momento forse più identitario dell'orgoglio patrio della Repubblica del Costone con una nidiata che tre anni prima vantò a livello Juniores una vittoria da record 244 a 9, in un tabellino in cui spiccarono gli 86 punti di Boccini e i 65 di Ghezzi, sicuramente il gruppo giovanile più forte dell'epoca se non fosse che con la formula di allora non era titolato a giocare per lo scudettino. Un gruppo la cui mascotte, giocante e non solo a scaldare la panchina, era il mai pentito costoniano Roberto Morrocchi, classe '49 e dunque più giovane, anche lui passato poi anche per la Virtus e poi alla Mens Sana in più ruoli, fino a quello più celebrato di presidente dei primi scudetti.
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I confronti di quell'anno di grazia 1966/67 vissero tre grandi momenti e non solo il più atavico, quello centrale, la partita di ritorno finita in baruffa. Merita un ricordo anche l'andata del 20 novembre 1966, un paio di settimane dopo l'alluvione di Firenze, tra le pozzanghere all'aperto sulla Piaggia di fronte a San Domenico con successo gialloverde 35-33 (il 46-38 del Costone nella partita appena giocata forse aiuta a entrare in clima derby). E merita un ricordo un'altra vittoria del Costone, quella di fine stagione contro Carrara, rivale della Mens Sana per la promozione, che sancì il salto di categoria biancoverde, celebrato a fine partita da un abbraccio pudico e umanissimo tra Brenci e Cardaioli, separati da un anno e cresciuti insieme tra Selva e Ricreatorio, amici di una vita,e allora non potevano sapere quanto lo sarebbero stati ancora.
La lettura sempre lucida e acuta di Ezio, "il Prof", padre della patria cresciuto al Costone giocando a calcio, passato anche per la Virtus, per diventare poi "Cardaioli" alla Mens Sana, ha storicizzato nella tradizione orale la narrazione per cui la sfida del 5 marzo 1967 è stato il momento che ha orientato la storia del basket senese. Perché lanciò una delle due società verso il salto di categoria che portava con sé la promessa per chi fosse promosso di una sponsorizzazione, strappata dal professor Enzo Balocchi, deputato Dc e icona costoniana, a Giovanni Borghi patron della Ignis, che un mese dopo (il 3 aprile) avrebbe inaugurato lo stabilimento senese di viale Toselli. L'abbinamento, arrivato col marchio Algor, segnò in effetti la svolta economica che era mancata alla Mens Sana nelle promozioni precedenti e che le valse il battesimo di una logica professionistica germogliata definitivamente col passaggio al marchio Sapori e tutto quello che ha significato.
Eppure, senza voler rovinare una bella storia, la promozione non si decise quel giorno, anzi la Mens Sana inseguiva in classifica di due punti, nella lotta al vertice c'erano almeno altre 3-4 squadre, era solo la terza giornata di ritorno e di giornate ne mancavano ancora un bel po': quel famoso Costone-Carrara che decise la promozione si giocò due mesi dopo, il 7 maggio. E il ricordo sarebbe troppo lacunoso senza ricordare quante volte tra queste pagine di storia fa capolino anche l'altra società senese, la Virtus. Lasciata Sant'Agata e anche la Casermetta, il campo di casa della Mens Sana quell'anno era il palazzetto ancora senza vetrate proprio della Virtus, primo impianto cestistico cittadino frutto della visione di don Armando Perucatti, contraltare rossoblù all'epica gialloverde di don Vittorio Bonci. E dalla Virtus allenata l'anno prima dal professor Bruno Casini, il nonno della pallacanestro senese, erano arrivati Dino Ninci del Collegio San Marco, miglior marcatore biancoverde di quel Mens Sana-Costone con 18 punti, e Sandro "Nano" Cappelli, l'uomo del canestro decisivo del 64-63 sui gialloverdi, scolpito nella baraonda di quel finale da cinema, anzi da romanzo (e non è detto che... spoiler alert).
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Archiviata l'invidia per non aver vissuto quei momenti di fregola quasi adolescenziale ma aver solo potuto godere i racconti di un'epoca così vitale, che conteneva in potenza tutto quello che è stato il futuro, ripartire da lì non è una rievocazione storica ma la celebrazione della sua reincarnazione moderna. Quel derby e quel salto di categoria non era il punto più alto toccato fino ad allora dalla Mens Sana, che in B c'era stata anche prima e che poi da quella promozione non è più tornata indietro (fino all'anno scorso...), né il punto più alto della storia del Costone, che in B c'è salito proprio nell'anno in cui la Mens Sana di Cardaioli e Brenci festeggiò la Serie A. Oggi ha un significato diverso da allora, quando tutto era possibile e in buona parte lo è stato.
Il bello di ritrovare il derby non è nel celebrare l'importanza di un momento di per sé oggi non così importante nella storia di entrambe, né per la Mens Sana che ha vissuto quel che ha vissuto, né per il Costone che ha un'identità definita non solo per differenza rispetto alla Mens Sana ma anche per l'anima che ha rappresentato non solo a livello sportivo e per il ruolo sociale che ha saputo ritagliarsi in città. Quello che merita di essere abbracciato è il ritorno della partita simbolo del Big Bang da cui tutto si è originato, impollinando la città di amore per il basket che, una volta fiorito, ha reso il terreno fertile per generazioni.
Radicata nelle passioni viscerali di una pallacanestro umana perfino più di oggi, anche se siamo solo in Silver e non in Eurolega, quella rivalità nacque genuina in un clima che chi è venuto dopo può capire solo fino a un certo punto, ma che sarebbe un delitto lasciar svanire con gli anni che passano per i protagonisti di allora. Adesso che la livella fa ritrovare gli eredi di allora di nuovo uno contro l'altro, quel clima che fece da combustibile per tutto quello che c'è stato dopo dovrebbe essere un'ispirazione per rievocare il brodo di coltura cittadino e cestistico da cui è nato quel primo boom. Se oggi siamo qui a parlare di basket è anche grazie a quel giorno, a quell'anno, a quella rivalità. Buon derby a tutti.
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poi sarebbe bello sapere in quanti hanno visto lo streaming a pago.... Buon derby ... occasione persa per dare visibilità a una partita "storica"... vabbè aspetteremo le tv ...
RispondiEliminaMeno male che c'era il Petri per Antenna Radio Esse...
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