La stagione delle squadre senesi non è iniziata, e non è possibile dire quando inizierà. Ma è iniziata la stagione dei senesi, quel gruppo sempre più ristretto di figli della città - non solo nati a Siena (come Nico Mannion) ma proprio "di Siena" -, unico modo per continuare a vedere pezzi di movimento cittadino a livelli che mancano come l'aria, ora che, per la prima volta praticamente da sempre, per il secondo anno di fila non c'è una squadra di Siena nei primi tre campionati e tra le prime cento squadre d'Italia.
Sono Davide Bruttini e Tommaso Marino i giocatori senesi oggi al livello più alto, punti fermi in A2 di due squadre con ambizioni da promozione, Forlì e Scafati. Quasi coetanei (1987 e 1986) sono non per caso i volti di un'età d'oro delle giovanili cittadine vissuta sul reclutamento di ragazzi in giro per l'Italia e sulla formazione dei tecnici con metodi professionistici, tratti distintivi di un'era spesso deprecati, perdendo di vista i riflessi positivi anche sui "prodotti cittadini" e su come quell'ambiente abbia saputo dare anche ai senesi la linfa per massimizzare il proprio potenziale: è un fatto che gli ultimi ragazzi di Siena capaci di arrivare a un certo livello vengano da quella generazione.
Con Simone Pianigiani e Giulio Griccioli in Cina, l'A2 (girone Rosso, lo stesso di Bruttini e Marino) è il campionato anche di Matteo Mecacci, confermato a Cento con cui l'anno scorso era in testa in B al momento dello stop, nel frattempo salita "a tavolino". Classe 1986, Scuola Virtus, in categoria naturalmente aveva già allenato tre anni fa alla Mens Sana, 12 vittorie e 13 sconfitte dopo essere subentrato a Griccioli, suo quarto e ultimo anno dell'esperienza biancoverde iniziata con la promozione in A2 del 2014-15. Bene. Però, anche considerando Carlo Finetti terzo allenatore alla corte di Boniciolli a Udine e Davide Semplici terzo allenatore a Chiusi in B, i tecnici senesi nei primi tre campionati si esauriscono qui.
E ancora meno sono i dirigenti senesi: nei primi tre campionati ne sono rimasti... zero, dopo il passaggio di Giacomo Rossi da Roseto (Stella Azzurra) a Bassano. La prima volta forse da sempre. Ma un senese da Serie A c'è eccome. E' Martino Galasso: classe 1982, fischietto che ha ormai toccato il massimo campionato da più di cinque anni, arrivato alla quarta stagione in pianta stabile in A. Strada arbitrale intrapresa a 18 anni dopo le giovanili alla Mens Sana, di cui è stato presenza fissa per anni anche al tavolo dello speaker accanto ad Alessandro Marchini, e in altra veste resta ancora oggi una figura di riferimento della pallacanestro cittadina.
Poi per carità, l'ultima finale scudetto è di sei anni e mezzo fa, anche se sembra passato un millennio, e l'ultima partita in A2 è di 21 mesi fa, anche se sembrano 21 anni, ed è solo normale che in giro ci siano ancora in tanti che da Siena sono passati o che a Siena si sono fatti, tra giocatori e tecnici. Non è questo il senso del censimento, al di là della naturale simpatia per chi ha condiviso un pezzo decisivo del cammino (spesso anche più simpatia degli enfant du pays, su cui viene sempre più naturale trovare qualcosa da ridire invece di godere insieme del percorso fatto, ma anche questo è un altro discorso).
Arrivi in fondo, tiri una riga e non può non prenderti la sensazione del graduale prosciugamento di ricambi, e che la brace sotto la cenere in qualche modo continui a bruciare, ma una certa scuola senese a un certo livello evidentemente stia andando a esaurirsi, ennesimo danno collaterale di questi ultimi durissimi anni. Eppure il nome di Siena resta vivo. Non c'è solo chi lo porta in Nba, o in Eurolega. O in Cina. Conta più chi lo sta tenendo in caldo qui. In attesa che torni.
Non può non tornare.
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