lunedì 29 giugno 2020

Stacci male

Probabilmente sarà anche stato inevitabile. Ma accomodarsi su quest'idea che non si poteva fare diversamente, che per il secondo anno di fila il posto della Mens Sana nel basket è questo, anche accettarlo come se fosse normale, sarebbe preoccupante. C'è un dato oggettivo che è impossibile non vivere con profondo disagio (come minimo, profondo disagio) per chi tiene alla Mens Sana, ed è il livello agonistico del campionato in cui gioca.
 
E' il livello di basket più basso, con sanguinoso distacco, rispetto qualunque altro mai vissuto nella pluridecennale storia della Mens Sana. Per la seconda stagione di fila: se anche l'anno prossimo giocasse in Serie C Silver, sarebbe un livello inferiore a tutti quelli che la Mens Sana ha mai vissuto, fino alla Promozione dell'anno scorso. Non è qualcosa a cui ci si può abituare. Non è qualcosa a cui ci si deve abituare.
   
Una cornice di passione che non c'entra niente con la categoria ha un po' aiutato ad ammorbidire la percezione della realtà in cui la Mens Sana si trova adesso: peraltro avere un pubblico commovente e insensato per la Promozione fa pensare che anche lì sia tutto a posto, finendo per mascherare un'altra questione fondamentale, quella dell'effettivo radicamento attuale in città, e del ricambio generazionale della gente di Mens Sana. Ma questo è un altro discorso.
 
Così come sono tutto un altro discorso le buone idee, la grande volontà, il lavoro fruttuoso e la dedizione totale di chi sta dando tantissimo alla causa (tra cui professionalità da Serie A e competenze comunque di livello superiore: a ben vedere le prime a esserne mortificate): non è una premessa strumentale per piaggeria o gentilezza, è che proprio non c'entra niente, non è del loro lavoro che si parla. Anzi, anche continuare a vedere le cose fatte per bene da chi se ne occupa quotidianamente ha ammorbidito la percezione di una realtà che invece è severa
  
***
 
E' vero che si doveva ripartire dopo un fallimento, anche se poi farlo dal gradino più basso possibile è stata una scelta. Torino un anno fa è fallita e dopo 12 mesi, passati in A2, era stata ripescata in Serie A (vediamo come va a finire). E' evidente che come città Siena non è Torino ma... Avellino? Un anno fa non si iscriveva alla Serie A. E' ripartita. Ma dalla Serie B! E ha vissuto questa estate inseguendo un posto in A2 (anche qui le bocce non sono ancora ferme). La Mens Sana vive come un salto mortale triplo carpiato l'invito che ha ricevuto a salire non in Serie D ma addirittura in Serie C Silver. Perché fare il passo quanto la gamba è la stella polare condivisa a tutti i livelli, ma se la gamba è questa è un problema. Anzi il problema. 
  
Ed è vero che partendo da zero la risalita da laggiù è lunga, lunghissima. Non era chiaro in quali termini, ma che ci aspettasse un periodo di transizione era previsto, certo. Eppure mai come quest'anno ci sarebbe stata la possibilità di accelerarlo, con società che sono saltate, altre che hanno chiesto il riposizionamento, istituzioni sportive che per sostituirle hanno cercato al limite del ridicolo di favorire un turnover per la risalita di piazze importanti. A cui spesso la Mens Sana non ha niente da invidiare. Eppure in un dibattito come questo la Mens Sana non è mai stata contemplata. Perché non ha mai avuto carte da giocare.

Pensandoci bene, fa male. 
 
Se la Mens Sana facesse la Serie C Gold - e NON farà la Gold - vorrebbe dire essere FUORI dalle prime 100 società di basket in Italia: 108 se si sommano i club di Serie A (17), Serie A2 (28) e Serie B (63) dell'anno scorso. Non fare neanche la Gold (altre 126 società) ma la Serie C Silver vuol dire che nel basket italiano davanti alla Mens Sana ci sono almeno 234 società. Duecento trenta quattro. La Mens Sana viene dopo. Dopo altre 234 società di basket italiane. Un'istituzione per la città e per il basket come la Mens Sana non può vivere come normale questa dimensione.
 
Perché non è normale. Al contrario è una lacerante discontinuità rispetto al livello in cui la Mens Sana è sempre stata. Non esiste riflessione sul momento della città e dello sport cittadino capace di spiegare a sufficienza perché la Mens Sana sia così distante da un campionato consono alla sua dimensione. Che nessuno pensa debba essere l'Eurolega. Ma non può neanche essere, perché non lo è mai stata in decenni di storia, nessun campionato al di sotto della Serie B
  
A parlare, se non fosse chiaro, non è la suggestione di queste settimane di infiniti anniversari di scudetti vinti o di Final Four europee giocate. A parlare è piuttosto il ricordo genuino e la consapevolezza autentica della storia verace di questa società dagli Anni 60 a oggi: parliamo di quasi 60 anni (quindi SEMPRE) in cui la Mens Sana non ha MAI conosciuto un livello diverso dal primo, secondo o terzo campionato nazionale. (Unica eccezione nel 2014/15, ed eccezione è la parola adatta alla stagione dopo il fallimento 2014, che comunque con la promozione riportò subito la Mens Sana nel secondo campionato nazionale.) Questo si intende per livello consono alla Mens Sana.
 
*** 
 
E quindi, morale della favola? Lo scopo qual è? Autoflagellarsi? Criticare chi si sbatte? No. E' non fermarsi alla rassegnazione dell'inevitabile. Non dimenticare mai dove si deve tendere, anzi ricordarlo bene e ricordarlo quotidianamente. Consumarsi per tenere vivo, sale sulla ferita, il disagio di sentirsi fuori posto, come motore per non accettare mai la realtà attuale e perché sia chiaro ogni giorno quale deve essere la prospettiva (non più di lungo termine).
 
Perché se questo senso di inadeguatezza finisse di essere profondo vorrebbe dire che la Mens Sana come l'abbiamo sempre conosciuta non esiste più. Nessuno lo vuole. E se la Mens Sana non si rialza nel giro di poche stagioni forse non muore, perché è forte, e forte è la sua gente. Ma rischia molto. 
 



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