mercoledì 18 dicembre 2019

Oggetti smarriti: Le Nike low "Kobe" di Nikos

Siamo state sull’espositore del negozio vicino al palazzo dello sport per pochissimo tempo. Poi è entrato lui ed è stato amore a prima vista. All’inizio non sapevamo dove quel ragazzo moro dal sorriso gentile ci avrebbe portate. Solo dopo abbiamo capito di aver fatto 6 al Superenalotto. Lo abbiamo iniziato ad intuire il giorno seguente, al primo allenamento. I colori, le maglie, lo stemma: nessun dubbio, si faceva sul serio.

“Belle scarpe Nikos!”, era il commento di tutti. E noi via, baldanzose sul lucido parquet. “Ma non saranno un po’ basse?”. Ehi, non offendiamo. Non siamo basse, siamo giuste; e soprattutto siamo comode. Pantofole, in pratica. Scarpe adatte alle caviglie svelte di uno come Zisis, uno che non può rimanere impantanato nelle sabbie mobili del campo, ma deve invece sapersi muovere rapido come un puma e leggero più di una libellula. Ed è esattamente questo ciò che Nikos ha saputo e sa fare in campo, interpretando il suo ruolo in maniera atipica, con in mano sia la sciabola che il fioretto.

Ma fermarsi solo a questo aspetto sarebbe riduttivo: secondo molti (noi comprese, ovviamente…) quel ragazzo nato a Salonicco nel 1983 è stato in grado, da novello Caronte, di personificare alla perfezione il ruolo di traghettatore tra la vecchia scuola dei playmaker e il modo nuovo di stare in campo a dirigere il gioco. Se è il caso di rallentare il ritmo e giocare col cronometro, ecco Nikos che risponde presente e costruisce un tiro da scoccare al 23° secondo; se invece è il caso di azzannare la partita alla giugulare si può anche giocare con lui in campo il 7 seconds or less. Per noi era un po’ come essere le ruote di una macchina che aveva tutte le marce, dalla prima alla quinta, e non solo quelle veloci, tanto spettacolari quanto, a volte, controproducenti. 

***
Era l’estate del 2009 quando Zisis sbarcò nel pianeta Mens Sana. Mancavano due giorni al Palio di luglio e il suo modo curioso di affrontare la vita emerse da subito, in tutta la sua franchezza. Il desiderio di Nikos, che già aveva sentito parlare ai tempi di Treviso di quella folle corsa di cavalli che teneva incatenata un’intera comunità, era di poter assistere ad una prova da una posizione privilegiata, per poter assaggiare davvero il gusto di quell’atmosfera. Detto fatto: fu amore a prima briglia. Se è vero che la voglia continua di conoscere è indizio d’intelligenza, Zisis già in quei primi giorni a Siena ne tirò fuori ben più dei canonici tre che fanno una prova. Così fuori, così dentro al campo: un giocatore che ama imparare, sa ascoltare, è in grado di eseguire. 

Le facce di quel primo anno ce le ricordiamo tutte: Lavrinovic che scoppiava di salute, Shaun direttore d’orchestra, Eze col suo sorriso a 52 denti; e poi l’apertura alare di Sato, il genio di T Mac, la pelata di Domercant. Portando a spasso i piedi di Nikos, vinciamo Scudetto, coppa Italia e Supercoppa, tanto per cominciare; è poi evidente la fiducia dell’ambiente che aumenta e, a braccetto con lei, la considerazione di tutti gli intenditori di basket del vecchio continente.

L’anno dopo, cambio di Mc: via Mc Intyre e dentro Mc Calebb. Diversi interpreti ma stesso risultato: loro in campo ad accelerare e a spaccar difese, noi a dosare il volume della musica a seconda delle esigenze. Quell’anno arriva anche Rimas, che Dio lo benedica, e con lui l’Ercole di Chicago, David Moss. Altri titoli in bacheca. Nella stagione 2011/2012, l’ultima per noi sulle lastre, oltre al terzo ritorno di Bootsy Thornton, approdano anche l’australiano dalle mani di fata David Andersen, la vecchia volpe Rakocevic ed in più un giovane e insolitamente snello Pietro Aradori. Proprio gli ultimi due nominati, insieme a Nikos, sono i protagonisti di uno dei più bei ricordi che ci lega a Siena. 

E’ il 15 dicembre, un giovedì di Eurolega. A palazzo arriva il Barcellona, che quella sera decide di sfoggiare una maglia rosa fucsia, ‘vistosetta’ anziché no. I catalani partono come meglio non si potrebbe, con Lorbek e Navarro a guidare le danze. Servono energie e visione dalla panchina. Pianigiani si gira e indica il n.6. Ingresso in campo e bomba a rintuzzare lo scarto. Nel terzo quarto però i ragazzacci di Pascual scappano a +9 e sembrano in controllo, ma quella sera il cervello cestistico di Zisis va a pieno regime e produce movimenti che portano recuperi, punti e assist. I beneficiari preferiti sono proprio Igor e Pietrino, entrambi caldi come lava. Tuttavia, la bomba da metà campo di Ingles sulla penultima sirena sembra spengere ogni entusiasmo. Passo dopo passo, mattoncino dopo mattoncino e con Zisis in cattedra, la Mens Sana gioca un quarto periodo di feroce intensità, fino al sorpasso all’ultima curva siglato da una coppia di liberi dei due moschettieri di serata, Aradori prima, Rakocevic poi. Delirio. 

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La nostra avventura non è ancora finita. Siamo ancora qui a ‘pesticciare’ il legno dei parquet europei, dove Nikos ha saputo, come sempre, convincere e poi anche vincere. Quando deciderà di appenderci al famoso chiodo (noi a dire il vero speriamo di finire al calduccio di un armadio dei ricordi), allora potremo fare un bilancio vero di tutti i chilometri che abbiamo fatto in palestra. Ma questa è un’altra storia.




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