Parliamo di una figura che viene chiamata dalle aziende in crisi per ristrutturare, e salvare il salvabile. Già nelle scorse settimane era una presenza in sede, come già scritto, e ha ben chiara la complessità della situazione. A quanto risulta, si è avvicinato alla Mens Sana perché indicato da persone vicine a componenti dell'azionista di maggioranza diverse dalla famiglia Macchi.
Certo, è un nome indicato dalla proprietà, e per quanto fosse auspicabile una scelta condivisa con gli altri soci (che però non hanno trovato chi fosse disposto ad assumere un incarico del genere, e l'Associazione si è astenuta), è solo normale che a sceglierlo sia la proprietà. Sarebbe stato così anche in caso di messa in liquidazione volontaria (il liquidatore della Mens Sana 2014 lo nominò il socio di maggioranza, idem pochi mesi fa per la Viola Reggio Calabria che va tanto di moda citare): sarebbe andata diversamente solo con un commissario giudiziale nominato dal tribunale in una procedura concorsuale, ma non è questo il caso, e non risulta debba esserlo per ora.
Per capire la figura, in teoria non si parla di un manager o di un dipendente chiamato a seguire e impersonare la linea di chi lo paga, ma di un professionista con responsabilità civili importanti, che dovrà rispondere davanti alla legge del proprio operato, soprattutto se non finisse bene.
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E la ridefinizione di quadri societari non più monchi rende necessario e non più derogabile che quelle di Filippo Macchi siano dimissioni vere, dal ruolo di direttore generale. Altrimenti a che serve essersi dimessi? E' una questione di credibilità con le tante controparti con cui c'è da riguadagnare fiducia: i giocatori da far scendere in campo domenica, le aziende da persuadere, i creditori genericamente intesi, e la partita più delicata da gestire in questo momento è quella delle istituzioni sportive, del loro sentirsi in obbligo di assumere provvedimenti esemplari (ora che è conclamata...) contro una situazione che gli è sfuggita di mano, e del convincerli che muoversi in via punitiva proprio ora che invece qualcosa sta cambiando sarebbe un danno doppio, che lascerebbe solo morti sul campo. Una partita delicatissima che si gioca sul filo forse della politica, ma sicuramente sul piano di una discontinuità che deve essere evidente, e soprattutto sul terreno dei fatti, naturalmente.
In parallelo, è il momento del buon senso delle altre componenti societarie nella gestione di questa transizione, e il riferimento è a Pietro Mele, che non a caso a quanto risulta ha partecipato insieme al Consorzio (quasi metà della cifra) e all'Associazione (circa un quinto della cifra) al pagamento della quinta rata di tasse federali che si spera ancora sia stata contabilizzata in tempo per evitare tre punti di penalizzazione. La mobilitazione che l'ha reso possibile è stata il primo frutto proprio di quella discontinuità. Ogni altra via ha un finale già scritto, e lancinante.
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