…ma non si molla mai, un po’ come la Mens Sana di Voghera.
Dove coach Moretti ha variato 25 diversi tipi di quintetto prima di trovare
l’assortimento giusto (Marino, Prandin, Morais, Radonjic e Poletti), quello che
ha fatto tornare i conti. Dal 67-77 a -3’25” dalla sirena, al 78-77 con cui si
è tornati a casa brindando al primo successo stagionale.
Un quintetto simile a quello che aveva effettuato un altro
bel break, nel primo tempo: in quel caso c’era Pacher, non Morais, ma gli altri
interpreti erano gli stessi. Capitan Marino, il guardasigilli Prandin, il
mitico Radonjic e il totem Poletti. 2’54” insieme per passare dal 22-41 al
32-43, cioè per tenere ancora in vita una partita che sembrava ampiamente
chiusa a metà del secondo periodo.
Quindi bastava mettere Marino con Prandin per vincere?
Oppure tenere Radonjic con Poletti? Beh, Radonjic con Poletti effettivamente è
stato un accoppiamento interessante. Perché i due sono stati in campo
contemporaneamente per 15’47”, producendo un +20 complessivo. Di questi sedici minuti,
11’25” (e +8 di plusminus) con Radonjic da tre, 4’22” con l’ex di turno da
quattro (+12). Viceversa nei tre minuti scarsi (2’53”, per la precisione) in
cui insieme al montenegrino c’erano Pacher (o Ranuzzi) e Lupusor, il plusminus
è stato negativo (ancorché di un’inezia, -1). Si spiegano agilmente i 19 minuti sul parquet, probabilmente
impensabili ad inizio partita.
I quattro piccoli.
Soluzione vincente adottata nel finale, ma anche a partita
in corso, a dire il vero con poca continuità: 5’42” complessivi senza il doppio
lungo (quindi con Radonjic o Ranuzzi da quattro) per un plusminus neutro a cavallo tra
il 22’ e il 23’ di gara schizzato verso l’alto invece nel super finale.
E Marino con Prandin allora? Qui il discorso è diverso,
perché complice l’avvio di gara deficitario non era certamente stato il duo
decisivo. Tutt’altro. Prima del travolgente finale il plusminus dei due assieme
era -15, addirittura -23 senza quel parziale di +8 del secondo periodo già
citato. In pratica: c’erano entrambi nei due momenti migliori della gara, ma
nei restanti undici minuti la squadra era completamente affondata sotto i colpi
di Knowles e soci.
Nei numeri era stato più lineare Sanguinetti, sia in coppia
con Marino (+4), ma anche con Prandin (+2), meno con Morais (-3), solo che non
era arrivato lo strappo capace di far mettere la testa avanti alla truppa.
Ecco, Morais: da guardia (o da numero due, come preferite) era andato
leggermente meglio (-1), mentre da ala piccola (o numero tre) il bilancio è -2,
comprensivo però del formidabile +11 finale. Fino al minuto 37’, negli 8’53” in
cui l’angolano era stato affiancato a Marino e Prandin la squadra era andata
sotto di 18 punti. Viceversa, sempre da tre ma con Sanguinetti in play, il
computo era stato +5.
E il fatidico asse play-pivot dove lo mettiamo? Schematicamente
è andata così
Marino-Poletti (18’53”): +6
Marino-Pacher (3’11”): -8
Sanguinetti-Poletti (10’45”): 0
Sanguinetti-Pacher (6’40”): +3
*(per chiarezza, Pacher è considerato pivot quando Poletti è
in panca)
Conclusioni: non ce ne sono. Conta il 78-77, il resto è
esercizio di stile che riproporremo la settimana prossima indossando la maglia
#18 di Mike Wilks.
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