venerdì 12 ottobre 2018

Pick-and-Tom: Il blocco secondo Mitchell Poletti

“Se vuoi costruire una nave non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata in loro questa sete si metteranno subito al lavoro per costruire la nave.” 

Parafrasando l’Antoine de Saint-Exupéry de Il Piccolo Principe, se vuoi costruire una squadra, non perdere il fiato a correr dietro ai migliori americani, non organizzare schemi, adoperati per risvegliare nei tuoi giocatori il desiderio di arrivare ostinatamente alla vittoria. Ebbene, la bramosia di Mitchell Poletti nel contribuire in ogni modo (è proprio il caso di dirlo) alla costruzione del successo del PalaOltrepo, il primo del campionato, non ha avuto bisogno di alcuna reviviscenza, tale è stata la costanza del lungo meneghino nel determinare l’esito delle singole giocate, utili alla riscossa biancoverde. Ovviamente sappiamo bene quanto il talento e le capacità balistiche facciano la differenza in questo gioco. Delle volte però l'atteggiamento può aiutare a ridisegnare i valori in campo.

L’approdo in estate dell’ala/centro a Siena, dopo la scorsa stagione fra Eurobasket e Scaligera, prometteva di portare in città paccate di grinta e energia, anticipate da una barba da vichingo. Nella prima apparizione con i 2 punti in palio, si è andati persino sopra le attese. Sarà anche merito della scaramanzia (il rasoio a casa Poletti è stato definitivamente riposto nel sottolavabo dopo alcune sconfitte “imberbi”, oltre che per permettere al figlio di riconoscere il babbo) ma la capacità del numero 0 di rendersi utile su un parquet di gioco in molteplici e spesso impensate maniere non può essere considerata da meno. Contro Tortona, l’abbiamo visto occupare la posizione in punta, fuori dai 3 punti, con grande disinvoltura, portare blocchi granitici, seguire a rimbalzo d’attacco o aprirsi per il tiro da oltre l’arco. Sì, perché il Barba biancoverde ha concluso la sua gara con un percorso netto da 3 punti: 3/3.


Che la Mens Sana sia opposta a una difesa a zona o alla uomo, al pick&roll su un lato fra Marino e Pacher, con quest’ultimo che affetta l’area col coltello, fa da contraltare sull’altro l’uscita per il tiro di Poletti. Non semplice venirne a capo per i malcapitati avversari. Mitchell abbina ad applicazione e determinazione mani educate e senso della posizione a rimbalzo d’attacco. È un lungo moderno e versatile, che sa giocare fronte a canestro e mettere palla per terra. Ne sa qualcosa Justin Tuoyo, che con ogni probabilità lo sta ancora cercando, più o meno all’altezza dell’adesivo della Federazione Italiana Pallacanestro apposto sul parquet del PalaOltrepo’. Ma il 100% nel tiro pesante non rappresenta neppure lontanamente la sua opera di maggior pregio nella serata oltrepadana. 

Alla voce blocco nel glossario universale del basket si legge “la specifica azione in cui un attaccante va ad occupare stabilmente una posizione nei pressi del difensore di un compagno per permettergli la ricezione o la partenza in palleggio.” Nel blocco secondo Poletti non ci si limita ad arrestarsi nelle vicinanze dell’avversario ma gli si va accanto, davanti, dietro, comparendogli quindi nuovamente di fronte: blocchi in sequenza, frontali, di schiena, a volte (apparentemente) accidentali. In certi momenti il nostro non si è accontentato soltanto di facilitare la ricezione del compagno di turno ma ha pensato bene di scortarlo senza mezzi termini fin dentro al canestro. 


Se non bastassero i proclami di Società e allenatore sulla filosofia alla base della costruzione della squadra di quest’anno, concepita a partire dalla scelta di lunghi poliedrici come Poletti e Pacher (ma anche Lupusor), capaci di fronteggiare per stazza i pari-ruolo avversari ma anche di costringerli a difendere molto lontano dal canestro, la partita di sabato ha offerto interessanti spunti. Difficilmente la Mens Sana ha sostato nel pitturato con più di un giocatore alla volta e, quando è successo, non si è mai trattato di post bassi statici. Sfruttando la propria pericolosità dal perimetro, Siena ha aperto il campo, offrendo enormi spazi alle penetrazioni. Nei rari momenti in cui l’area è apparsa eccezionalmente trafficata, ci ha pensato Poletti a passare con lo sgombraneve e ripulire i resti: di seguito un’interpretazione del tagliafuori applicato a un contesto diverso dal rimbalzo.


La notevole (per un bigman) mobilità che possiede negli spostamenti laterali, nonostante i 205 centimetri per 104 chilogrammi, permette a Poletti di uscire aggressivo in difesa sul palleggiatore del pick&roll avversario, anche lontano dal ferro. I suoi tempi di recupero dopo l’aiuto poi sono stati quasi impeccabili contro Tortona, specie nella seconda parte di gara. Osservandolo (sotto) durante una delle tante buone rotazioni difensive della sua partita, con un po’ di fantasia possiamo sentire anche la sua voce alla Muddy Waters dopo una frescata in motorino in Pescaia mentre grida I Got My Brand On You contro il povero Brett Blizzard o I’m Ready al compagno Radonjic.


Per una mera questione di cronaca, ha messo la manona (e forse non solo quella) anche nel recupero decisivo con 30 secondi sul cronometro sull’incursione lungo la linea di fondo di Spizzichini. In precedenza, trovatosi accoppiato con Alibegovic a 8 metri dal canestro a 4 minuti dal termine, in una presunta situazione di mismatch per via della maggiore agilità dell'esterno della Bertram, ha tenuto il primo, secondo e terzo passo dell'avversario, costringendolo a lanciare scompostamente la palla verso il tabellone.

#finoallafine

Come recita orgogliosamente il motto di una celebre squadra italiana di calcio. Fino a dopo la fine, la personale rivisitazione di Mitchell Poletti contro la Bertram Tortona: partita appena conclusa, sirena già abbondantemente suonata e cominciati i meritati festeggiamenti, ma il barbuto continua ad allacciarsi con gli avversari. Nella fattispecie è un attonito Alibegovic, figlio di Teo, ad essere coinvolto nel teatrino finale. Certamente sarà stato accidentale, come i blocchi di schiena. Troppo più suggestivo però, per noi spiriti pugnaci, pensare che l’animo combattivo del nuovo custode dei tabelloni biancoverdi non conosca epilogo, neppure dopo la fine del match.

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