Lecito che un allenatore nutra dei dubbi, si ponga domande e interrogativi. Anche sul suo operato. Al di là dei risultati, altalenanti, le perplessità di Griccioli sembrano legarsi all’atteggiamento dei suoi giocatori in campo. Ed il fatto che la Mens Sana approcci male agli incontri – Trapani, Napoli e Scafati - è un fattore da mea culpa anche e soprattutto per lo staff tecnico.
Nei Bad Boys avevamo letto un primo input, una sorta di intento programmatico (di base) dello stesso Griccioli. Grinta e lotta che però non sembrano bastare e che, al tempo stesso, il coach fa fatica a tradurre nella pratica sul parquet, sia in attacco che in difesa. Per questo colpisce l’umana fragilità del coach, la sua frustrazione nel post partita di Scafati, insieme a tanti dubbi e molte incertezze.
La centralità del ruolo, però, dice che da un allenatore, in qualsiasi categoria e sport, si aspettano idee e risposte. Non dubbi. O perlomeno non in maniera così palese.
Ma è un dualismo veramente forte quello tra le due anime della Mens Sana. Un pesante fardello che ha rallentato il passo in questa prima parte di stagione e che, ci permettiamo di dire, sembra ricadere solo sulle spalle di Giulio Griccioli. Certo, la responsabilità tecnica è sua in prima istanza, ma vederlo così - da solo - a cercare il bandolo della matassa sembra quantomeno ingeneroso.
Perché alla fine dei conti, in campo vanno i giocatori. Quelli scelti dalla società in base a competenze e risorse economiche. Tutti insieme (staff compreso) rappresentano un club ed una città. Non è una questione di orgoglio perché l’orgoglio rischia di non essere sufficiente. Serve un passo in avanti, sul piano tecnico in primis ma anche dal punto di vista gestionale. E qui, il coach non va lasciato da solo.
Il dottor Jekyll, nel romanzo di Stevenson, cerca in solitudine la pozione riparatrice: non la trova ed è poi sopraffatto dal signor Hyde. Anche la Mens Sana deve trovare l’antidoto.
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