giovedì 19 ottobre 2017

Patto col diavolo

Si chiuderà il 21 dicembre il lungo capitolo giudiziario, sul fronte penale, che ha segnato e accompagnato la fine della vecchia Mens Sana Basket. Certo non per tutti: se in quell'ultima sessione dell'udienza preliminare sarà deciso per loro il rinvio a giudizio, chi non ha scelto il rito abbreviato (Federica Minucci, Pierluigi Zagni, Rosanna Mereu, Alessandro Terenzi e Stefano Bisi) andrà al dibattimento in aula.

Ma per le figure principali dell'inchiesta Time Out sarà quel giovedì prenatalizio il giorno del giudizio abbreviato (nel caso di Stefano Sammarini e Nicola Lombardini) o della decisione del gup sulla congruità o meno dei patteggiamenti concordati dalle difese col p.m., ultimo dei quali in ordine cronologico, formalizzato in aula nell'udienza delle scorse ore, quello di Ferdinando Minucci. Che comunque la si veda fa pensare.

Le posizioni degli altri patteggianti (Olga Finetti, Paola Serpi, Jacopo Menghetti, Luca Anselmi e Cesare Lazzeroni) erano già state chiarite in una precedente udienza di quattro mesi fa. Da questa giornata si aspettava invece di sapere se anche con Ferdinando Minucci il p.m. Antonino Nastasi aveva trovato un accordo. 

Come ha raccontato Cristian Lamorte di agenziaimpress nella esaustiva cronaca di giornata, la risposta è affermativa: accordo tra accusa e difesa, sulla cui congruità tra due mesi dovrà esprimersi il gup Roberta Malavasi, per una pena di 4 anni e pagamento (già avvenuto) di 650mila euro alla curatela fallimentare di cosiddetta "condotta riparatoria". Sommati agli oltre 400mila euro già versati per lo stesso motivo da Finetti, Lazzeroni, Serpi e Anselmi, per la curatela siamo ben oltre il milione rientrato.

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Nel caso di Minucci, se era sulla parte economica che bisognava trovare la quadra, anche la pena ha la sua importanza. Fino a due anni si può accedere alla sospensione condizionale della pena. Fino a tre anni la pena può essere scontata con l'affidamento ai servizi sociali. Al di sopra di questa quota la legge non prevede alternative al carcere. Minucci è tra i sei patteggianti l'unico a cui questo si applica. Una condanna di quattro anni vuol dire almeno un anno di detenzione, prima di accedere ad altri metodi di somministrazione della pena.

I suoi legali ne parlano come della scelta del "male minore", con l'idea tra un anno del reinserimento nella società per chi ha 64 anni e - riferiscono sempre gli avvocati - al momento in mancanza di occupazione (visto anche il procedimento pendente) si occupa di un'attività di volontariato in una struttura riconosciuta. Oltre ai 650mila euro versati, Minucci inoltre ha rinunciato a ogni pretesa in relazione a beni, conti correnti e immobili sequestrati a suo tempo, per una cifra quantificata dalle citate indiscrezioni giornalistiche in oltre un milione di euro.

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La confisca di questi beni da parte dello stato arriva in secondo ordine rispetto ai diritti dei creditori: verranno prima tutelate le ragioni del fallimento, e dunque sarà il curatore a decidere se avanzare un'istanza perché questi beni vengano liquidati per la parte di sua spettanza. I creditori in oggetto non sono (anche se in alcuni casi coincidono) quelle parti civili di questo procedimento (curatela fallimentare, Fises, un ex dipendente, ma né Polisportiva né Banca Mps) che nell'udienza finale di questo dibattimento penale, a fine processo, potranno presentare una richiesta di danni.

Per farsi un'idea di chi siano i creditori, i 31.380.000 euro di debiti indicati dalla curatela (lo Studio Lombardi di Firenze) nel settembre 2014 erano stati così suddivisi: 1,312 milioni verso il sistema bancario, 75mila verso dipendenti, 2,271 milioni verso fornitori, 550mila verso la società controllante, 1,136 milioni per debiti tributari e previdenziali risultanti dalla situazione contabile e circa 26 milioni per potenziali debiti derivanti dal Pvc della Guardia di Finanza del dicembre 2013 (si parla di maggiori imposte contestate per oltre 16 milioni e sanzioni pari a quasi 9 milioni). Sempre nel settembre 2014 l'Agenzia delle Entrate ha infatti presentato ricorso per l'ammissione al passivo fallimentare per 27.851.000 euro. E anche Equitalia ha chiesto l'ammissione al passivo per 18.306.000 euro. Il fisco, insomma, è lì che aspetta.



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