sabato 26 agosto 2017

Un anno dopo

Sopravvissuta nella maniera che sappiamo alla voragine emersa nel febbraio 2016, un anno fa di questi tempi la Mens Sana viveva una situazione di impasse che rischiava di ucciderla, nelle teste e nei cuori di chi l'aveva salvata prima ancora che nelle finanze. Il presidente del Consorzio, nato il 10 giugno per rilevare la maggioranza del club, circa un mese dopo la nomina si era già dimesso. Avrebbe ritirato le dimissioni il 7 settembre, dopo un'estate di conflitti sulle nomine del Consorzio nel cda del basket. E da allora è dovuto passare più di un mese perché maturassero nel Consorzio nuovi equilibri da cui in un certo senso è nata la Mens Sana che conosciamo oggi. Avviso ai naviganti: nessuna novità o rivelazione, ma non è solo un post di riempimento. Semplicemente a volte guardarsi indietro per una riflessione aiuta a non perdere il senso delle cose.

I primi tempi c'è da prendere un po' tutti le misure, compresi sgraziati conati di controllo dell'informazione. E non tutti i nuovi attori hanno portato un beneficio. Ma oggi la Mens Sana è un altro mondo. Ha dai propri soci disponibilità finanziarie che per anni si è sognata. Ha una programmazione societaria pluriennale. Ha un'organizzazione e una struttura. Ha una prospettiva. Il confronto con dodici mesi fa ha evidenze schiaccianti. Anche se la stabilizzazione della Mens Sana, oggi sicuramente più realistica, resta un imperativo categorico per cui continuare a combattere.

Sulla stagione che va a iniziare pesano - non va dimenticato - gli oltre 200mila euro di passivo del bilancio della stagione passata, che non solo hanno zavorrato lo slancio dei nuovi soci, ma obbligano a una verifica l'intera compagine sociale: la Polisportiva aveva già manifestato l'intenzione di cedere, per evitare nuove spese; l'Associazione sta pensando anche a scendere, chiedendosi se il 20% sia ancora sostenibile; e anche nel Consorzio una stagione da proprietari ha finito per richiedere alle figure di riferimento sacrifici non previsti, e forse non replicabili a oltranza. A questo ripianamento si aggiunga la scelta di investire sulla squadra un budget (per la squadra, e di conseguenza complessivo) ben più alto della scorsa stagione: un passo bello lungo, più della gamba si spera di no, in teoria no, i soci hanno garantito a sé stessi per primi (perché sono loro per primi a rischiare in proprio) che c'è la copertura.

C'è chi si occupa solo di questo, con competenze aziendali di cui si sentiva la mancanza come il pane e che forse in categoria non ha nessuno. C'è una rinnovata capacità di attrarre risorse, ci sono idee chiare, c'è una visione nuova. Di sviluppo, non di sopravvivenza. Per cui non è mancanza di fiducia, anzi c'è ogni elemento per poter credere e non solo auspicare che le cose sono cambiate. Però la storia delle scorse due stagioni dice che contava di trovare delle coperture (col senno di poi son buoni tutti a dire che era sbagliato...) anche chi qualche credito se lo era guadagnato facendo rinascere il basket mensanino, e poi ha portato a una stagione da 600mila euro di perdite. E anche chi, dopo aver salvato la Mens Sana sull'orlo del baratro, aveva fatto della spending review, e dall'aver imparato dalle lezioni del passato, la propria bandiera, salvo poi chiudere con questo passivo di oltre 200mila euro (e sarebbero stati molti più senza l'operazione Soundreef).

La promessa di trasparenza con resoconti periodici arrivata da Bertoletti - senza pretese di imbastire su ogni passaggio un dannoso tribunale del popolo, o d'altra parte di ricercare ogni volta necessariamente il consenso - è la risposta a una necessità. La necessità di continuare a stare al capezzale di una società che oggi è tornata ad avere ambizioni di stabilità, ma che quella stabilità ha appena iniziato a costruirla.

Di certo sulle disponibilità della famiglia Macchi non ci sono dubbi. Sono arrivati a Siena presentandosi al popolo della Robur, con le parole. E al popolo della Mens Sana, obiettivamente, coi fatti. Poi si tratterà di conoscersi giorno per giorno. L'ultimo anno e mezzo ha insegnato a vivere così, giorno per giorno. Né l'Associazione nè il Consorzio sono nati perfetti, pronti per essere da subito la soluzione di lungo termine ai problemi della Mens Sana. Ma ciascuno nel proprio piccolo, con disfunzionalità, limiti e difetti che hanno reso naturale dubitare del progetto, senza chissà che capacità di colpi di scena risolutivi ma con la dote di saper tenere botta in trincea per guadagnare un centimetro per volta, ogni giorno è stato un passo più vicino alla salvezza e un passo più lontano dal baratro. Ed è così che oggi siamo arrivati qui, incomparabilmente più avanti di un anno e mezzo fa, come allora sarebbe stato difficile immaginare. E' un altro mondo. E non è il traguardo.

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