venerdì 13 gennaio 2017

Rinfrescare la Mens Sana

Una vittoria non risolve i problemi, tecnici, che hanno portato la Mens Sana a perdere sei partite. Ma certo aiuta a vivere in un clima migliore per lavorarci, su quei temi tecnici. Non che con una partita sia svoltata la stagione, siamo in un limbo che solo l'esito della partita di domenica con Scafati definirà meglio, ma di certo si è evitato il clima da settima sconfitta di fila, e aver battuto la capolista deve (anche artificialmente, autoconvincendosi) lasciare in eredità un po' di fiducia in più di una normale vittoria. Perché è vero che la squadra ha limiti oggettivi o caratteristiche comunque chiare, ma ci sono tante situazioni che possono migliorare.

Se certi spunti si vedono dall'esterno, figuriamoci per chi dall'interno lo fa di lavoro, ha gli occhi sulla squadra tutti i giorni, ci lavora tutti i giorni, e ha sicuramente più elementi per un'analisi ancora più chiara. Ma tra revoche di scudetti, sponsor che mancano, semestrali da chiudere vediamo come, revoche dell'agibilità, possibili squalifiche del campo per seggiole che volano, e chi più ne ha più ne metta, ogni tanto è bello anche ritrovare il gusto di tornare a parlare di basket. Anzi, più spesso possibile.

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Il punto di partenza obbligato è il cambio di scenario con la perdita di Cappelletti. Che, senza farla lunga su argomenti noti, ha in sintesi privato la squadra di una serie di valori aggiunti: una sorta di leadership emotiva di supporto a quella tecnica di altri; un giocatore dalla panchina in grado di cambiare la partita; la possibilità di giocare con tre palleggiatori (e giocare in maniera naturale coi quattro piccoli); alzare il ritmo per generare in campo aperto canestri più facili; avere un uomo in grado di creare un vantaggio attaccando in palleggio. Poco no?! Anche pensando che magari non ci si aspettava neanche che Cappelletti fosse in grado di ritagliarsi questa rilevanza.

Senza farla lunga ma solo per tentare di dare completezza, ci sono stati ulteriori guai fisici (Bucarelli, Tavernari) che hanno talvolta tolto un altro elemento a una rotazione già ridotta da otto a sette giocatori, senza che il mercato offrisse uomini su cui buttarsi all'istante per colmare il vuoto. C'è stata la nota abbuffata delle sei partite in venti giorni, con poche occasioni per allenare i nuovi equilibri. Gli spostamenti di calendario hanno generato anche una serie di tre trasferte di fila, che comunque non è normale. Per una squadra già costruita in partenza nella consapevolezza di alcuni limiti (la gioventù, un ruolo più sguarnito degli altri...), ci sono stati tutti questi fattori esterni, ma c'è stata anche l'incapacità della squadra di produrre con chi è rimasto quello (vedi sopra) che produceva Cappelletti, alimentando di partita in partita le insicurezze che hanno acuito le difficoltà.

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Tecnicamente, alla Mens Sana è venuto a mancare non solo l'uomo che toglieva pressione all'attacco a metà campo aumentando le occasioni a tutto campo, ma anche la miccia (forse l'unica, e non è normale) in grado di creare quel vantaggio che costringe la difesa a inseguire, e genera tiri migliori per tutti. Così invece le difese hanno potuto diventare più speculative. Arginando Harrell e le sue uscite dai blocchi con cambi difensivi che la Mens Sana non è in grado di punire altrove. Oppure lasciando ricezioni statiche a Myers ma così costringendolo a letture che ne sgonfiano l'impeto. Tutto mandando spesso un uomo in raddoppio e sempre qualcuno a riempire l'area, con la scelta deliberata di lasciare anche 3-4 metri ad altri giocatori, tanto da fuori non si segna.

La realtà è che la Mens Sana si è trovata a giocare un basket che era stato cucito addosso a una squadra che però non esiste più, perché senza Cappelletti (si è detto quello che portava, e che non porta più) è una squadra diversa. Che ha bisogno di equilibri diversi, di generare opportunità in maniera diversa ripensandosi da zero, come se fossimo in estate. Impostata la squadra in una direzione per tre mesi, ci sarebbe stato bisogno di rifarlo in venti giorni. Anche se lo si fosse voluto fare, la successione di doppi impegni settimanali ha impedito un lavoro del genere. Griccioli ha aggiunto situazioni, ha portato aggiustamenti, ha provato a cambiare le spaziature in attacco. Sullo stesso impianto.

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In assenza di uomini in grado di battere l'avversario in uno contro uno, tiri un minimo più puliti possono nascere solo dal movimento di palla, per un attacco invece spesso adagiato sulla staticità degli uno contro uno per gli americani "e poi ci pensino loro". Possono nascere da blocchi sulla palla e tagli, blocchi lontano dalla palla per i terminali a cui permettere tocchi più facili, invece di doversi inventare ogni volta qualcosa di talento: servire Myers in contesti dinamici, Harrell in uscita dai blocchi. Il livello dei singoli resta quello, non ci sono Michael Jordan nascosti, ma magari nascono tiri migliori anche per gli altri. Tenere occupata la difesa, farla muovere, costringerla a scegliere mentre si muove, invece di lasciarla speculare di fronte a un attacco statico e leggibile.

Cose che la Mens Sana fa anche, ma a bassa intensità, non correndo; eseguendo, non attaccando. Per farlo serve energia, e non è facile capire se a mancare siano le gambe (certo, nel periodo dei doppi impegni settimanali c'era anche questo), perché l'energia è una questione soprattutto di testa, e la componente mentale è importante. Serve l'energia per tornare ad alzare il numero dei possessi, che è un rischio per chi non ha molto talento, ma è anche l'opportunità di trovare qualche canestro più facile, e un aiutino perché il dinamismo non sia più uno sforzo ma un'abitudine. Serve l'energia per tornare a mordere in difesa come a inizio stagione, perché i canestri in campo aperto non li porta la cicogna, e invece certe voragini difensive su timing e spaziature (aspetti allenati in palestra, è impossibile che sia diversamente) chiamano in causa anche la disponibilità dei giocatori.
 
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E' evidente a tutti che non sono più gli anni dei Kaukenas e Lavrinovic, Domercant e Zisis che si alzano dalla panchina. Ma più modestamente - volendosi fermare a Siena - è anche la storia degli ultimi due anni, in Serie B con Chiacig e in A2 con Bryant e Udom, a ricordare l'utilità di rimescolare i titolari e cambiare le rotazioni, rispetto all'impostazione di inizio anno con tutti i migliori in quintetto. Il problema oggi non sono neanche i cali quando in campo entrano le seconde linee, anzi i flop recenti sono arrivati nel primo quarto, nel terzo o nei finali, cioè in linea di massima coi titolari. Un motivo in più per mescolare le carte del quintetto. Dando un'iniezione di freschezza ai titolari. Dando spessore tecnico alle seconde linee. Esplorando quintetti con gerarchie più povere ma chiare. Responsabilizzando.

Dalla filosofia alla praticità: chi spostare? E' naturale che Bucarelli, soprattutto, e Vildera, siano in questo momento candidature più percorribili di Mascolo, Pichi e Masciarelli. E' destabilizzante per giocatori già in difficoltà essere spostati nel secondo quintetto? Al di là delle regole del professionismo, se tutti avessero portato il rendimento atteso magari non si sarebbe neanche arrivati a considerare queste ipotesi. E che sia un demansionamento è da dimostrare: come noto, conta chi finisce le partite, non chi le comincia; e di fianco a compagni diversi, in quintetti di minor talento, ci sono più palloni e opportunità per un ruolo da protagonisti. E' in fin dei conti quello che ha fatto vedere lo stesso Cappelletti. E, ferme restando le differenze tecniche, alla Mens Sana un giocatore di impatto dalla panchina manca tremendamente.

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