Al di là dei problemi interni che da questo sono nati, "bastava" spiegare meglio all'esterno che il Consorzio è un organismo vivo, vivace, che offre opportunità ai propri consorziati per essere più attrattivi. "Bastava" riuscire a dare una visibilità comunicativa a chi nel Consorzio c'è già per gratificarlo dell'adesione, al di là del fatto che molti l'hanno fatto soprattutto per aiutare la Mens Sana ed essere a bordo.
"Bastava" spiegare meglio all'esterno i vari passaggi fatti e da fare per evitare che montasse, o almeno per mitigare, il clima di insofferenza della piazza per la lunga attesa per le nomine del cda: che non vuol dire prendere in giro la gente e dire che è tutto a posto, ma spiegare apertamente che tutto si sarebbe risolto dopo il Palio, e come, invece di lasciare solo che trapelasse dalle indiscrezioni, trasmettendo un senso di abbandono.
Adesso a quel momento ci siamo arrivati. Entro la fine settimana, se la partita non si chiuderà, sicuramente vivrà sviluppi decisivi. E per ridurre il difetto di comunicazione evidente fin qui, secondo quanto risulta a metterci la faccia (sui media) sarà Fabio Bruttini. Che dopo aver accompagnato le proprie dimissioni con l'auspicio che si ricreassero certe condizioni, forse farà capire meglio a cosa si riferisce, come prima mossa per verificare se questa pausa di riflessione è servita.
Non ci sono nomi per la presidenza del Consorzio con un impatto migliore di Fabio Bruttini. Non ci sono nomi per la presidenza della Mens Sana Basket 1871 con un impatto migliore di Emilio Tonini. Due personalità di evidente statura che, per motivi diversi, si sono dovute convincere a salire a bordo. Perché ognuno vuole avere di fianco qualcuno di cui sa di potersi fidare. Creando pacchetti, ticket.
Così magari Bruttini è legato a Tonini, che è legato a Gian Gastone Brogi, e così via in un "ticket" di cui fa parte anche Alfredo Barlucchi. Gian Gastone Brogi ha avuto una parte cruciale nel mettere insieme e portare avanti l'operazione da subito. Naturalmente non è stato l'unico, in un lavoro di squadra, ma è probabilmente come fulcro del progetto e forse referente principale che lo percepisce Bruttini (anche per demeriti degli "altri" che non devono aver saputo accreditarsi allo stesso modo), continuando a riconoscergli ampie deleghe organizzative anche dopo la nomina del cda del Consorzio.
Bruttini a parte, è un gruppo anagraficamente molto omogeneo, e l'approccio che ne consegue a volte si fa sentire nei rapporti col resto della società. Da questo approccio nascevano le proposte di nomina maturate e poi cassate per il primo appuntamento che ci si era dati l'11 luglio, una rosa in cui oltre alla vicepresidenza a Barlucchi si puntava su Pasqualino Paulesu e Marco Parlangeli per integrare gli inamovibili: Tonini appunto, ed Egidio Bianchi, che è uomo di fiducia di Bruttini, uomo di mondo, uomo di mediazioni, uomo di deputazioni, uomo di consigli di amministrazioni, e chi più ne ha più ne metta.
Per quelle due-tre caselle che ballano, ora girano i nomi di un paio di personalità prese dalle contrade (un paio di ex priori), nella concezione di squadra con cinque persone "indipendenti", nel senso di non portatrici di interessi propri ma nominate per il loro valore. Ci sarà stato sul tavolo anche questo, nella riunione ristretta (ma non ristrettissima, anche con nuove aziende pronte a entrare) di sabato scorso.
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Dall'altra parte della storia, non rispetto a Bruttini ma all'idea di società che ha sposato, c'è il gruppo che a lungo per semplicità è stato ricondotto a Guido Guidarini (che sarà in cda perché nominato dall'Associazione), che oggi in realtà si trova più a fare il pompiere mentre la parte degli incendiari la fanno altri.
C'è Gigi Cagnazzo, che a seconda delle versioni avrebbe portato tra le 10 e le 14 aziende nel Consorzio, di cui sempre a seconda delle versioni cambia il numero di quelle che ancora devono pagare la propria quota: nella misura in cui la "paternità" di tutti questi consorziati risponde a verità, c'è da capire in che modo intende farla valere. C'è Luca Gentili, socio fondatore dell'Associazione e consorziato che ha lavorato su comunicazione, pubblicità e restyling. C'è Gigi Puccetti, altro socio fondatore (e consigliere del direttivo) dell'Associazione.
Da anni, e non solo dai tempi di Piero Ricci, questo gruppo è vicino all'ingresso nella Mens Sana. Di fatto quello che inizialmente era conosciuto come il gruppo degli ex giocatori si è fuso con un altro gruppo omogeneo. La vicinanza di alcuni con il parlamentare senese del Pd Luigi Dallai non è un'onta, tuttaltro, l'amicizia personale con lui (che è anche socio dell'Associazione) ovviamente non è un difetto, figuriamoci, ma c'è chi ha concluso che venga dall'attività politica il cemento di lunga data tra alcuni componenti di questo gruppo (senza che debba essere una colpa, perché mai?, ma una spiegazione sì).
Non distante da questo gruppo è Marco Turillazzi, in una vita precedente già dentro la Mens Sana agli albori dell'era-minucciana con cariche apicali, che oggi cerca un posto in cda "come garanzia dell'investimento di un'azienda a partecipazione pubblica come Terrecablate", di cui è amministratore. Già perché se il criterio dell'altro gruppo è una squadra di cinque persone "indipendenti", questo gruppo punta al contrario alla rappresentatività, all'esigenza di alcuni imprenditori di volersi vedere rappresentati in cda da almeno un paio di consiglieri: Cagnazzo e Turillazzi? (D'altra parte invece Piero Franceschini, rispetto alla visibilità delle prime settimane del salvataggio, ha oggi un basso profilo apprezzato per costruttività su entrambe le sponde)
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In presenza di correnti diverse, i cinque voti del Consorzio (pur essendo maggioranza) non sono di per sé garanzia di governabilità del cda del basket, guardando magari a sponde tra gli altri consiglieri: Laura Bucci e Guidarini (preferito a Barlucchi) per l'Associazione, poi Bono e Maestrini in quota Polisportiva. Ovvero governare la pluralità. Contro governare a maggioranza. Ci si arriverà, alla decisione dei consorziati, probabilmente ripassando da una nuova assemblea del Consorzio nel tentativo di dare indirizzi al cda sui nomi da scegliere.
La premessa è il rispetto che merita chi si è sbattuto da mesi per arrivare fino a questo punto e poi vedere le cose andare diversamente da quanto sperato. Detto questo, in un posto normale chi abbaia troppo forte sarebbe già fuori dai giochi. Si sarebbe fatto fuori da solo. Nella situazione attuale in cui le posizioni si sono spinte troppo in là, l'unico modo perché tornino conciliabili è una soluzione in cui non ci siano vinti.
Magari senza sopravvalutare questa scelta: non si stanno scrivendo le tavole della legge, si tratta di scegliere una squadra (tecnica? di transizione? per partire?) che il buon senso vuole che duri un anno, per poi ridare le carte a ragion veduta nell'estate 2017 sulla base di quello che questa stagione avrà detto (e magari tra un anno gli equilibri interni del Consorzio daranno responsi più chiari).
Nessuno è in grado di imporre aut aut. Lo sarà magari chi metterà 200mila euro (per dire una cifra a caso) e rileverà la maggioranza della società, o anche un pacchetto paragonabile, per esempio, a quello di Danilo Bono al 18%. Ma se invece comprare quote del club si è scelto di entrare nel Consorzio, significa essere disposti a confrontarsi con gli altri, da pari.
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Finirà coi 5 consiglieri "indipendenti" scelti da una sponda o con l'ingresso di un paio di imprenditori chiesti dall'altra sponda? Quattro indipendenti e un imprenditore? Scegliere al posto degli imprenditori un loro delegato, come ha fatto Bruttini designando Bianchi invece di entrare in prima persona nel cda? Cercare la prova di forza da una parte o dall'altra? Certo non sarebbe una gran modo di cominciare la propria storia se il primo grande ostacolo della storia del Consorzio e della nuova società fosse "la cacciata degli infedeli", chiunque siano, una rottura dopo aver messo ai voti il muro contro muro, invece di riuscire a trovare una sintesi per quello che è il primo vero atto fondante della rinnovata Mens Sana, la scelta del cda.
Ma a questo punto sarà quel che sarà. Alla convocazione dell'assemblea dei soci che nomini il nuovo cda è legata anche l'approvazione del bilancio al 30 giugno, non ancora formalizzata. Informalmente già approvato da tutti i soci al proprio interno, quindi ogni rischio di fallimento è solo teorico. Ma il passaggio formale dell'assemblea non arriverà finché non sarà convocata per nominare il nuovo cda. E approvare quel bilancio significherà anche deliberare le modalità di ripianamento del debito: un passaggio necessario per porre definitivamente rimedio a quelle situazioni debitorie con creditori e fornitori, senza la cui copertura è difficile anche pianificare la quotidianità fuori dal campo della nuova stagione. Avanti.
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