Al di là delle valutazioni su quello che Griccioli ha fatto vedere da allenatore nelle giovanili della Mens Sana, al di là delle valutazioni su quello che ha fatto vedere da allenatore tra A2 e Serie A a livello senior, al di là delle valutazioni su quello che ha fatto vedere da allenatore a chi ha avuto modo di vederlo lavorare da più vicino, al di là di tutto questo quello che Griccioli porta è una cultura. La cultura di Mens Sana.
"Vorrei che riuscissimo a interpretare cosa significa essere di Siena. Una realtà speciale che può tornare a essere quella che era prima. In cosa? Non avremo i budget di allora. Però possiamo fare qualcosa che Siena faceva: era riconosciuta e riconoscibile in tutta Europa e in tutta Italia per etica di lavoro, professionalità. Tanti venivano a vedere l'allenamento: vi assicuro che chi lo farà quest'anno vedrà organizzazione, vedrà quello che vedeva quando a giocare qua c'erano giocatori molto diversi da quelli dell'anno prossimo. E' qualcosa a cui tengo particolarmente, credo di essere stato scelto anche per questo. Oltre che sull'aspetto sportivo, la responsabilità che sento addosso è sul ricreare quel tipo di ambiente che ci faceva ammirare ovunque noi andassimo".
"Quando facevamo l'Eurolega non avevamo mai i budget faraonici delle squadre più forti: Panathinaikos, Cska, Maccabi. Però competevamo con loro. Adesso il nostro Panathinaikos si chiama Casale Monferrato, il nostro Cska si chiama Reggio Calabria, Bologna. Però dobbiamo riuscire a creare un ambiente di persone che riescono a identificarsi in questo, solo così riusciremo a superare noi stessi e a fare qualcosa che va oltre le nostre reali possibilità".
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Giulio Griccioli è nato alla Virtus (Siena). Ha vinto tanto con le giovanili della Mens Sana (tre scudettini, più quelli da assistente-molto-presente), e qualcosa ha anche perso. Nelle giornate e nottate di lavoro senza risparmiarsi di quegli anni, non sempre così gratificanti (almeno pubblicamente), lui c'era. Alla fine anche moltiplicandosi tra giovanili, prima squadra e l'esperienza in C1 col Cus. Negli anni in cui spesso i tecnici mensanini, anche delle giovanili, riuscivano a scalare fino a incarichi di responsabilità in prima squadra, ha dovuto staccare il cordone ombelicale per (ri)affermarsi altrove.
La sua reputazione nel mondo del basket se la è costruita poi in sei anni tra Scafati (dimostrando tutta la scorza costruita in anni di Mens Sana, resistendo due stagioni in una società mangia-allenatori, vincendo anche un premio di coach dell'anno di A2), Casale (nella ricostruzione del biennio immediatamente successivo alla sbornia della Serie A con Crespi) e Capo d'Orlando (anche qui dopo una sbornia, quella con Pozzecco, fatto dimenticare con una salvezza in largo anticipo al suo esordio in A).
Ha dimostrato di essere molto preparato, a fatto vedere di saper stare in Serie A. Ha ricordato l'importanza di Pianigiani e Banchi, e ringraziato Minucci in un periodo in cui - parole sue - non andava di moda. Nella ripartenza di due anni fa, è stato l'uomo più ascoltato da Piero Ricci, molto di più di un consulente, nella scelta degli uomini (Marruganti, Mecacci) su cui ricostruire la Mens Sana. Magari un giorno sarà ricordato anche per quello che avrà fatto in questo suo ritorno alla Mens Sana.
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Presentandosi a gente che lo conosceva benissimo, il giorno del ritorno, Giulio Griccioli ha giocato a fare l'Ataman, invocando l'inferno. Di Ataman ha ricalcato in alcune dichiarazioni l'atteggiamento di grande grande grande sicurezza di sé e di quello che proprio lui può dare, qui, oggi. La consapevolezza di esserci stato negli anni in cui la Mens Sana era la Mens Sana al suo meglio. La forza di chi si è messo in discussione. A Siena aver appena vissuto un anno con Alessandro Ramagli, allenatore di categoria superiore, dà la consapevolezza che saper trovare belle guide tecniche non è una novità di questa estate.
Ma, pur senza prendersi troppo sul serio, la sicurezza può essere un valore in una situazione così incerta come quella che c'è ancora attorno al campo. Chi è nato e cresciuto alla Mens Sana ha un imprinting chiaro, frutto di anni in cui un modo di lavorare è stato forgiato col fuoco. Perché non ci sono revisionismi, revoche o doverosi distinguo che tolgano un grammo al modello di pallacanestro e organizzazione del lavoro che è stato la Mens Sana, per capacità di mettere squadra e staff nella condizione migliore per fare basket.
Pur non avendo lavorato di fianco nei loro comuni anni mensanini, perché si occupavano di ambiti diversi, la consapevolezza di questa scuola - come il legame all'alma mater - è il linguaggio che accomuna Giulio Griccioli a Lorenzo Marruganti. Avvicinati dalla stima reciproca e assimilati dai caratteri accesi, insieme alla storia personale di chi a un certo punto si è allontanato, certo arricchendosi come fa chi fa esperienze altrove, ma anche vedendo in un ritorno l'occasione per portare a compimento il proprio percorso mensanino.
"Più che una scelta, la soluzione naturale", ha detto Marruganti, che in questi anni deve aver sempre pensato a Griccioli come un punto di arrivo per la panchina della Mens Sana. Offrendogli un biennale ha conquistato la deroga alla regola societaria degli annuali-per-forza e dei tagli verticali richiesti dalla proprietà, come se ragionare su base pluriennale non fosse per il bene della società. Anche per questo, più ancora del contributo tecnico nel fare il proprio lavoro, sarà importante la cultura di basket e di Mens Sana che porta Giulio Griccioli: per provare a farla prevalere su una società nuova, da formare, eterogenea, di estrazione diversa, che (si è visto in queste settimane) questa cultura non ce l'ha. E deve costruirla.
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