Quella che all'esterno sembra la semplice attesa che le tessere del mosaico vadano al proprio posto, negli occhi di chi segue le faccende da vicino p la vera settimana di passione, se non di tensione: i giochi si fanno adesso, gli equilibri da cui si uscirà da questo rimpasto saranno quelli con cui fare i conti quantomeno per i prossimi mesi. I precedenti dicono che le difficoltà nascono dagli equilibri successivi alla creazione del Consorzio. Chi pensa di poter dire la sua - e questo salvataggio ha preso forza anche dal largo coinvolgimento attivo di tante persone - sa che il momento è questo.
La scelta di astenersi dal totonomi, che acuirebbe solo le tensioni di cui sopra spostando l'argomento sul binario sbagliato, vale in particolar modo per il nuovo cda del basket. Per il Consorzio invece lascia il tempo che trova: è il lignaggio delle aziende a determinare in gran parte quali saranno le nove aziende in consiglio. Quanto al presidente del Consorzio, è uno (e noto) quello che da tempo si sta tirando per la giacchetta e attorno a cui c'è chi ha immaginato una quadratura del cerchio, che altrimenti sarebbe da ripensare di nuovo. L'acclamazione di un qualificato consesso di imprenditori potrà far breccia in quella riservatezza e cautela, giuste oltre che legittime, che fin qui hanno impedito di considerare il dubbio definitivamente sciolto.
Bastano i nomi appunto per evocare scenari di fusione tra società senesi: non succederà. Scenari di collaborazione a livello giovanile: di fare una squadra giovanile insieme se ne sarebbe parlato comunque, a un livello tecnico prima che politico, poi parlarne non vuol dire che ci si trovi d'accordo e si faccia.
Potrebbe essere, questo sì, il primo passo per allargare il lavoro di impiego delle risorse del Consorzio al di fuori del perimetro della sola Mens Sana Basket 1871 (e d'altra parte si chiama "Basket e Sport a Siena"), per immaginare una partecipazione del Consorzio alla vita anche di altre società cittadine e provinciali. D'altra parte le imprese sono liberissime di investire dove e come ritengono proficuo. Per quanto reso reale dall'ingresso tra i consorziati - ad esempio - di tre componenti del rinnovato consiglio della Virtus, resta comunque un discorso molto di là da venire: prima c'è da far camminare sulle proprie gambe la Mens Sana, ad altri scenari si penserà dopo, magari durante la stagione.
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In ballo non c'è solo la presidenza del Consorzio ma anche la scelta di chi lo rappresenterà all'interno del cda della società, prevedibilmente allargato da cinque a sette poltrone, per aiutare a far quadrare i conti: una in quota Polisportiva, una in quota Bono, due in quota Associazione e tre in quota Consorzio, giusto per fare un gioco su quale potrebbe essere la divisione. Ma anche l'attuale numero di cinque consiglieri (uno Polisportiva, uno Bono, uno Associazione, due Consorzio) non impedisce scenari di garanzia, soprattutto in virtù del patto parasociale (pensato per rassicurare i tifosi) che legherà Consorzio e Associazione nelle decisioni strategiche.
C'è anche chi all'interno dell'Associazione pensa alla necessità che a nominare i propri rappresentanti in cda sia un nuovo consiglio direttivo, rinnovato democraticamente sulla base del principio che il vecchio consiglio era nato quando gli associati erano 50, e adesso sono dieci volte tanti. I tempi tecnici forse neanche ci sono, così come per eleggere per lo stesso principio presidente e vicepresidente. E obiettivamente l'attuale consiglio di dieci persone può già ritenersi adeguatamente rappresentativo, coinvolgendo persone praticamente da tutti i gruppi di raccolta e da tutte le varie provenienze degli associati. E per questo anche una scelta fatta dall'attuale consiglio direttivo non sarà meno legittima.
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Chiunque venga scelto per gli incarichi in fase di definizione in questi giorni, sarà importante che inauguri una stagione di rispetto dei ruoli. Una fase in cui i rappresentanti che ne usciranno possano avere la delega vera e non solo nominale alle decisioni e valutazioni necessarie, certo giudicandone il lavoro a scadenze regolari ma lasciandoli lavorare: i rappresentanti servono a rappresentare. L'operatività della società si avvantaggia quando a decidere (e quindi a parlarne pubblicamente) sono in pochi e con ruoli chiari.
Non lo ammetteranno mai pubblicamente, ma se non c'è chiarezza dei ruoli gli allenatori non vengono, o non restano (basta chiedere). Se non c'è chiarezza dei ruoli, a livello sportivo non si riesce a lavorare. La filiera di lavoro ideale è presidente-direttore sportivo-allenatore. "Resta Marruganti?" "Sì? E con chi si interfaccia?" "Quale sarà il budget?". Serve una figura forte nel cda che rappresenti la proprietà e che possa dare queste risposte. Che faccia da filtro tra gli azionisti di riferimento e la parte sportiva. Ovvero un presidente. O se si sceglierà un presidente "di rappresentanza", una sorta di direttore generale. Che rende conto al cda. Che a sua volta rende conto alla proprietà, agli azionisti nominanti. Che a loro volta rendono conto alle rispettive assemblee. Ma se saltano questi passaggi è il caos.
La partecipazione popolare alle vicende della società e l'accesso ad alcuni dati sensibili (i conti, in particolare) dà a molti alcuni elementi per parlare da direttore sportivo, o da direttore generale, sulla squadra, sull'allenatore, sugli sponsor, sulle scelte strategiche... Farlo come tifosi al bar è normale e anche divertente, e sarebbe triste che non succeda: è passione, è trasporto. Ma farlo da azionisti alla lunga diventa ingerenza.
Non vale solo per i tifosi, sarà un problema anche se lo faranno i consorziati (ed è quello che ha fatto traballare alcune, fortunatamente poche, realtà consortili). Il contesto per farlo è all'interno delle rispettive assemblee, elaborando posizioni da condividere coi membri del cda di propria nomina attraverso i propri vertici. La voce del padrone non potrà non essere ascoltata, ma quantomeno che sia una. In questi mesi si è vissuta una comprensibile fase di assestamento. La conquista del passaggio a una nuova fase della vita del club sarà arrivarci con maggiore chiarezza dei ruoli. A prescindere dai nomi di chi sarà nominato.
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