La Polisportiva ha in serata formalizzato le schermaglie con un comunicato, rispetto ad alcuni messaggi sui rapporti tra le parti arrivati all'opinione pubblica dall'Associazione o da persone che ne fanno parte. L'ultimo pezzo della storia è stato veder diventare di dominio pubblico una lettera interna dell'Associazione ai propri aderenti in cui si dava conto dell'importanza, per chi è anche socio della Polisportiva, di partecipare all'assemblea dei soci della casa madre. Lanciandosi anche in un giudizio sulla concessione dei famosi terreni ad Anna Durio: "Tale argomento, che sembra non essere stato portato all'attenzione del consiglio direttivo, se non approfondito, può assumere rilevanza negativa per gli interessi della Mens Sana Basket".
Naturalmente il punto non è che l'informativa sia diventata di dominio pubblico, ma i toni usati. Poi al bar o nelle chiacchierate informali ognuno può pensare e dire quello che gli pare, ma per iscritto o anche a voce da parte di persone che hanno responsabilità nell'Associazione non è appropriato - e non aiuta per la trattativa - rischiare la calunnia solo per togliersi sassolini dalla scarpa, reagire di pancia piuttosto che con l'acume e la lucidità che serve a chi sta portando avanti una trattativa. Un errore che l'Associazione ha commesso anche all'inizio della propria storia, quello di non badare quanto serve alla scelta delle parole e dei toni. La proprietà presuppone responsabilità, un atteggiamento di governo e non più di lotta (se n'era già parlato tre mesi fa).
Il primo incontro di una settimana fa sulla convenzione ha generato irritazione nell'Associazione. E' un modo di mettere le carte in tavola, la Polisportiva ha la sua strategia: andargli dietro significa non saper fare il proprio gioco, che è guardare al risultato finale e non alle schermaglie. E infatti questo atteggiamento ha portato la Polisportiva dalla parte della ragione nella sua replica.
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E' stato sbagliato da parte dell'Associazione, forse anche col solo scopo dimostrativo, far passare il messaggio che la Polisportiva dovesse rendere conto al basket di un accordo con la Durio. La casa madre dovrebbe rendere conto al basket se avesse stipulato una convenzione prima col volley, che è un soggetto esterno, rispetto al basket di cui ha una partecipazione (oltre a un legame viscerale, neanche solo ombelicale). Ma non deve rendere conto al basket se dà in concessione aree che sono di sua proprietà e che col basket non hanno a che fare, ed è strumentale evocare la richiesta di spazi del Consorzio, perché con gli orti e col campo di Torre Fiorentina il Consorzio non ci farebbe niente comunque, come non ci ha mai fatto niente o quasi la Polisportiva.
E se sul tempo perso per il rinnovo della convenzione si è sempre parlato delle dilazioni della Polisportiva in attesa delle nuove nomine, o dei continui rinvii per indisponibilità varie, dai carteggi emerge che anche l'Associazione sia tutt'altro che esente da colpe, se il 20 aprile la Polisportiva ha richiesto con una lettera, nell'ottica della nuova convenzione, le "esigenze logistiche per valutare l'incidenza di spazi e di costi"; e soprattutto se già il 21 aprile l'Associazione ha risposto "nel breve provvederemo a quantificare le nostre richieste" e in realtà fino all'incontro della settimana scorsa non c'erano invece stati passi avanti fattivi. Se non era possibile incontrarsi, lo era però rispondere alla lettera. Anche per non trovarsi dalla parte del torto.
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Un dato di fatto è che nella gestione delle trattative, o almeno nelle prime mosse per intavolarle, la Polisportiva ha dimostrato un altro passo, senza entrare nei giudizi di merito o tantomeno morali, ma solo di efficacia rispetto ai propri scopi. La dura verità, anche molto triste, è che in una trattativa del genere concessioni alla generosità non possono esserci, da una parte e dall'altra, perché al di là della buona volontà ci sono in ballo conti che ballano su un filo sottilissimo per entrambe. Aspettarsi tappeti rossi e non capire che l'altra parte si siede a quel tavolo con l'obiettivo primario di tutelare i propri interessi, legittimamente, è da sprovveduti.
La realtà però è che se si riesce ad andare al di là delle posizioni negoziali, e al di là della forma talvolta irritante, entrambe le parti vogliono l'accordo, ne hanno bisogno. Ed entrambe hanno un argomento a cui sono più sensibili, se non proprio un tallone d'achille. Il basket ha bisogno di certezze sulla propria casa. La Polisportiva ha bisogno di certezze sulle giovanili, che sono ancora in mano al basket e di cui non può far partire nessun progetto finché non c'è l'ok al prestito. E allo stesso tempo più alte saranno le richieste della Polisportiva di partecipazione alle spese delle giovanili, e più è legittimo aspettarsi che il basket voglia avere voce in capitolo.
Poi ognuno ha il proprio modo per far capire che fa sul serio. Quello della Polisportiva si è detto. L'Associazione intanto ha mandato una propria appassionata delegazione all'assemblea dei soci della Polisportiva, per ricordare che esiste, e che ha un peso, e che richiede rispetto come interlocutore (forse non avrebbe guastato ricordarlo in maniera più organica e organizzata anche in occasione delle recenti elezioni della casa madre). Non solo. Se proprio si vuole far vedere il proprio peso, è il momento di venir fuori formalmente col Consorzio, con le circa 25 aziende fondatrici, per far vedere quanta gente crede in un'idea che oggi ha le spalle larghe e non solo gli slanci di pochi "sprovveduti". Si parla del 1° giugno come data in cui il Consorzio possa scoprire le carte, anche se ancora non sono chiari forme e modi.
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Come detto in apertura, ci si era già passati. A marzo, quando nel giro di un paio di giorni l'Associazione ruppe il galateo delle trattative mettendo su Facebook una lettera in cui chiedeva alla Polisportiva di farsi carico delle tasse federali. Polisportiva che rispondeva nei giorni successivi con una lettera riservata (ma non riservatissima :D). Tutto a poche ore da un incontro cruciale per il passaggio delle quote. Non le premesse ideali. Bene, due giorni dopo le parti si trovarono attorno a un tavolo e buttarono giù l'accordo quadro per la cessione della società.
Quindi va bene. Dopo aver dato sfogo ai propri ego offesi dall'atteggiamento della controparte, dopo aver gonfiato i petti orgogliosi ed essersi fatti belli con reazioni muscolari per parlare alla pancia delle rispettive genti, ora si torni al tavolo. Innanzi tutto si torni a convocarlo, perché un'altra settimana è passata inutilmente e i tempi non sono così larghi da poterselo permettere. E poi ci si parli con franchezza ma costruttivamente, come le parti hanno dimostrato di saper fare, con l'atteggiamento coscienzioso che si deve a una trattativa così importante. Ci si prenda anche un'altra riunione conoscitiva, se necessario, dopo quella in cui una settimana fa si è tornati ad annusarsi. Ma poi si trovi questo benedetto accordo, perché altro tempo perso non è più tollerabile.
chi ha messo i soldi non sono "pochi sprovveduti" ma "molti responsabili"
RispondiEliminaassolutamente sì. È tra virgolette. Il senso è "quelli che alcuni considerano sprovveduti".
EliminaC'è una storia di quattro mesi e di un centinaio di post (posso permettermi? anche il modo in cui la storia è stata raccontata sul giornale più letto d'Italia) a testimoniare la valutazione fatta da questo blog del lavoro dell'Associazione. Comunque abbastanza per capire che quello "sprovveduti" non era da intendersi in senso letterale. Sarebbe irrispettoso ai limiti della volgarità definire così un'iniziativa del genere