La querelle di un calendario della serie ridicolo è stata solo l'ultimo pretesto che ha tenuto alto il livello di rivalità tra Siena e Livorno, all'avvicinarsi di una semifinale annunciata da tempo dal modo in cui si stava mettendo la classifica. Una rivalità nata naturalmente sul campanile della sfida Siena-Livorno e sui riferimenti che dà in un contesto nuovo trovarsi di fronte una società già conosciuta a livelli più alti come il Don Bosco e un uomo influente alla sua guida come Massimo Faraoni. Ad aumentare la rivalità (se ne parlò prima della gara di ritorno) poi anche le restrizioni alle trasferte in provincia di Livorno, con cui c'è chi ha ipotizzato un legame, e la sconfitta nella partita di andata che ha materializzato una sfida anche di classifica, sebbene poi sul campo sia stata Cecina a rivelarsi la vera e accreditata rivale. Premesse non male, si riparte da qui.
Rispetto alla partita dell'andata, è cambiato il mondo: per la Mens Sana "solo" quintetto, rotazioni e diversi principi offensivi e difensivi. Arrivata nel cuore di una serie da otto vittorie di fila del Don Bosco (tra cui un +39 su Cecina) coincisa in parte col momento di crisi senese, quella sconfitta natalizia è stata lavata dal netto +24 del ritorno di meno di un mese fa, di pura volontà per la Mens Sana già certa del primo posto e reduce dal riposo. Vico e Pignatti con Livorno hanno sempre fatto bene, in quella partita di aprile ci furono anche 20' di Sergio a fianco di un buon Paci, capace di cavalcare un assetto più dinamico contro una squadra ad alto tasso di fisicità, con la prima spallata arrivata comunque con Chiacig in campo. E Ranuzzi, in missione anche sul perimetro, è stato la punta difensiva di una giornata in cui Venucci è stato limitato solo a 1/5 da tre, Gigena a 3/15 e Liberati a 1/8 totali.
E' stata quella per Livorno l'unica partita persa nelle ultime sette giocate: tutte vinte le altre, fino al +16 con Pavia in gara-1 dei quarti a punteggio basso e al +17 a Pavia di gara-2 a punteggio alto. Livorno è in forma, eccome, ben lontana da quella che attorno a febbraio ha perso cinque partite di fila in coincidenza con la figuraccia di Coppa che parevano averne minato la competitività anche sul lungo termine. Proprio un rendimento così a fiammate (otto vittorie di fila, poi cinque perse consecutive, ora sei successi in sette partite) rende poco attendibile un tentativo di inquadrare la squadra di Daniele Quilici.
La stella è il play Mattia Venucci, non solo uomo da 15.6 punti di media ma anche secondo del girone per recuperi (1.9) e terzo per falli subiti (6.8). Lui e il 38enne Mario Gigena sono uomini da 11 tiri di media a testa, e la terza punta è la 23enne guardia Davide Liberati, che col 42% è stato il miglior tiratore da tre del girone. Alle loro spalle i 19enni Granchi e Orsini si dividono una ventina di minuti di impiego, quanti ne gioca da solo il quasi coetaneo Tommaso Sollitto, perché quando Gigena riposa si va volentieri anche coi tre piccoli. Ma quando in campo c'è lui, il tasso di fisicità è di primo livello visti i corpaccioni a disposizione. A partire dal 18enne lungo Jacopo Lucarelli, 22' di media e uomo da 57% da due, che comunque un paio di tiri da tre a partita li tenta. Si divide i minuti del reparto lunghi col 28enne 207cm Edoardo Persico e con gli altri: il 20enne Giorgio Artioli e il 25enne Luca Malfatti, che fanno turnover col 17enne senegalese di 2.05 Thiam.
Livorno è stato il quarto attacco più prolifico del girone a 73.7 punti segnati di media, non necessariamente alzando il numero dei possessi, visto il modesto impatto a rimbalzo d'attacco e il non eccelso rapporto perse/recuperate. E' una squadra che va molto dentro, non tanto per approfittarne direttamente (modesto 47% da due), quanto per costruire buoni tiri da fuori (20.7 tiri da tre, solo la Mens Sana ne tira meno, ma col 34%, seconda migliore del girone dopo Cecina) e per conquistare falli. Il Don Bosco è infatti secondo solo a Cecina per falli subiti (22) e di fronte alla Mens Sana ultima per falli commessi sarà interessante vedere ribaltarsi i temi rispetto ai quarti con Piombino, quando era la squadra di Mecacci a cercare programmaticamente i falli subiti. Se fosse facile come un gioco da tavolo, sarebbe banale la strategia di contenere con la propria fisicità lasciando che Livorno tiri da sotto, viste anche le percentuali, piuttosto che spendere falli.
Tutto questo facendo lo sforzo di guardare solo a Livorno, senza interrogarsi se ci siano significati da dare e a cui dare importanza al rendimento altalenante della Mens Sana nella serie con Piombino. Lasciar parlare il campo è sempre più sensato.
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