lunedì 20 aprile 2015

"Uno di noi". Griccioli, e gli altri

Più che volti amici. Volti familiari. Volti DI familiari. Di gente di famiglia. Vedere la Serie A è anche questo. Parlare di "gente passata da Siena" è riduttivo. Fosse un coro, intonerebbe il motivo "uno di noi". Non è per salire sul carro dei vincitori, o almeno non per tutti, ma è per partecipare alla gioia di quelli con cui si è condiviso qualcosa. Era già successo durante l'anno, ma l'attualità riporta sulla breccia in questo discorso il nome di Giulio Griccioli.

L'impresa di giornata è nuovamente la sua, che con Capo d'Orlando ha battuto Milano. L'Olimpia non ha più niente da chiedere alla regular season, ma neanche l'Upea, che era già salva. In un contesto ambientale singolare, in cui il calore umano forse impareggiabile ripaga una gratificazione economica non esattamente motivante (restando agli eufemismi per motivi di opportunità).

Ha perso proprio per questo via via - oltre a superare infortuni importanti - tre perni dell'idea estiva come Archie, Freeman e Burgess, oltre a Flynn che doveva essere la stella. Idea estiva in cui nei pronostici l'Orlandina - ripescata per la fine della Mens Sana - rischiava di essere retrocessa con ampio anticipo, e invece con ampio anticipo ha festeggiato la salvezza. Se parliamo di allenatore dell'anno, i nomi di Recalcati (altro indimenticato ex) e Valli hanno pieno diritto di cittadinanza, ma quello di Griccioli forse è secondo solo a quello di Buscaglia. Forse.

E poi vedi Jeff Viggiano ventelleggiare per la seconda partita di fila per riportare Venezia da sola al secondo posto. E poi vedi Ron Artest perché se la prende perché un noto provocatore come Tomas Ress (ah, forse le parti sono invertite?) avrebbe usato nei suoi confronti parole inappropriate. E poi vedi Rimantas Kaukenas a 38 anni guidare Reggio Emilia ai successi negli scontri diretti su Venezia e Sassari proprio in quella lotta per il secondo posto.

E poi vedi Haynes, Janning e Hunter impegnati nei quarti playoff per qualificarsi alla Final Four di Eurolega. E poi vedi Nikos Zisis e scatta la lacrima vera, non la lacrimuccia. E poi vedi Erick Green con Denver chiudere la regular season Nba col suo massimo in carriera di 17 punti. E poi vedi Gigi Datome entrare in campo nei playoff Nba contro LeBron. E poi in quegli stessi playoff Nba ti trovi combattuto nella serie tra i Memphis Grizzlies, dove è vice allenatore Bob Thornton, e i Portland Trail Blazers, dove è vice David Vanterpool. E poi, e poi, e poi...

E poi vedi sul giornale il grafico col rendimento delle italiane in Eurolega negli ultimi dieci anni ed è palese il crollo al primo anno in cui non c'è più la Mens Sana, perché non c'è più una squadra che sappia essere di riferimento per rappresentare l'Italia al top europeo (Milano non lo è ancora) e non ci sono più squadre di secondo piano che abbiano fatto dell'Europa un'opportunità di crescita, come aveva saputo fare la Mens Sana.

Vedere Siena menzionata così spesso oggi è il contrappasso per la fretta del basket italiano di dimenticare il suo decennio, quasi un'onta da lavare - maldestramente - nella maniera più rapida possibile. Buttando via il bambino con l'acqua sporca, ovvero anche una scuola di basket e una eccellenza insieme alle ombre (formalmente ancora da chiarire) che l'hanno accompagnata.

Nota a margine: oggi era il giorno dell'inizio della vendita al dettaglio di abbigliamento e materiale tecnico legati al fallimento della Mens Sana Basket. L'immancabile Panico Meis ci racconta da San Martino di un bel po' di tifosi arrivati, nell'ordine di alcune decine, anche se scaglionati in 3-5 per volta, per capi per lo più di taglie gigantesche (quelle rimaste). Per non dimenticare

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