lunedì 12 gennaio 2015

Secondi pensieri sulla terza sconfitta stagionale (la prima in casa)

Pur non pregiudicando evidentemente niente, la prima sconfitta interna stagionale costringe di prepotenza ad affrontare in maniera critica un momento che sarebbe dovuto essere comunque oggetto di attenzione anche se con Piombino alla fine fosse arrivata una vittoria, un periodo fatto di una serie di segnali che messi insieme parlano chiaramente di un regresso.

Ovvero: le difficoltà interne già con la Sangiorgese, la rimonta subita dal vantaggio tranquillo, il progressivo scricchiolare della saracinesca difensiva, l'esitante e ancora mai compiuto progetto offensivo, il fatto che le ultime tre partite siano state quelle col maggior numero di palle perse, la personalità. Abbastanza per spingersi oltre quello che altrimenti poteva essere considerato l'episodio di una singola partita sbagliata.

Prima di passare al generale, alcuni dati contingenti sulla seconda sconfitta in tre partite, quella che ha fatto perdere alla Mens Sana il primato solitario (e anche quello effettivo, visto lo scontro diretto con Livorno). Per una volta non si può dire che la Mens Sana abbia trovato avversari in giornata di grazia che fanno i fenomeni: Piombino ha chiuso col 44% da due, il 35% da tre, 12 liberi tirati contro i 18 senesi, e 14 rimbalzi d'attacco lasciati alla Mens Sana.

In aggiunta all'ammaccato Pignatti, la prestazione simbolo è quella di Parente e Ranuzzi, visibilmente in giornata no, 4 perse a testa, rispettivamente 3/13 e 3/10 al tiro, 2/10 in coppia da oltre l'arco. Un giorno da incubo. Le cifre sono l'immagine di un attacco che di rado ha convinto in pieno ma a cui si dava il tempo tecnico per trovare la chimica giusta.

Quello che le cifre non fotografano altrettanto bene è l'involuzione difensiva figlia non solo dell'aumentare delle palle perse e del campo aperto concesso, ma anche dei passi indietro a metà campo. Che è più preoccupante, visto che era stato uno dei primi punti fermi del progetto. Non bastasse l'occhio nudo, due numeri non esaustivi ma indicativi: nelle ultime tre la Mens Sana ha subìto 75.7 punti di media, prima viaggiava a 58.5...

C'entra col fatto che la Mens Sana, con la sua superiorità tecnica sulla carta, ha solo da perdere quando le partite vanno su binari tattici meno convenzionali, che invece è naturalmente ciò che le avversarie cercano quasi sempre. Il problema è che spesso ci riescono, perché l'intraprendenza viene premiata rispetto alla "conservazione" dei valori tecnici che vorrebbe la Mens Sana (scommettendo - forse è solo un'impressione - su limiti avversari, anche quando il campo pare sconsigliare di continuare a farlo). Si aggiunga la querelle vecchia come il mondo sull'uso della panchina: il "chi sta in campo" è un grande classico del Bar Sport da sempre, ma le rotazioni sono obiettivamente corte.

La flessione c'entra anche con l'atteggiamento. Quello a cui probabilmente fa riferimento Mecacci quando dice di cambiare registro. Se fosse mai possibile individuare un altro obiettivo stagionale oltre a quello imprescindibile della promozione, è dare alla gente di Siena una squadra in cui identificarsi. Così è stato per tutto l'inizio di stagione, ma nelle ultime giornate è stato più difficile, non per i risultati ma per quello che comunicava il linguaggio del corpo.

Se non saranno solo parole, mi sembra interessante quello che ha detto Alex Ranuzzi sulla sconfitta: “Ci farà bene, perché magari ci sentivamo imbattibili in casa nostra, davanti al nostro pubblico e adesso questa sconfitta ci farà diventare più cinici in campo, meno errori banali e più cattiveria”. Anche se è quello che dice Ranuzzi, non credo che sia la squadra - vista l'esperienza di chi la compone - la componente che aveva più bisogno di capire dove si trova.

Di certo vedere che certe cose succedono (perdere in casa con Piombino) è un siluro a un certo atteggiamento snob. Dell'ambiente. Anche mio qua, per fare un esempio facile con cui capirsi: nei giorni scorsi ho snobbato Piombino, ho snobbato le partite casalinghe come se fossero scontate (anche ai playoff) e quelle "allenanti" fossero solo quelle esterne. Poi la distinzione tra arroganza/faciloneria e aspettative realistiche, per quanto all'apparenza sottile, credo stia nella presenza o meno di una logica che le sostiene.
 
Non so comunque quanto il problema di chi va in campo sia la sufficienza e quanto le difficoltà tecniche da aggiustare. Magari è un nuovo inizio. Non è buonismo ma è solo lapalissiano dire che, se sfruttata, questa difficoltà è un terreno di lavoro e rafforzamento: alle partite del cacio mancano ancora quattro mesi. 

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