"Ve la cantate e ve la suonate". "Ma scrivetevi in privato". "Ma sentitevi al telefono". Ci sta, lo accetto. Ma condivido comunque volentieri quanto scritto da Francesco Anichini sul suo Panem et Circenses nel post "Cosa resterà della Mens Sana Basket?".
Al netto di inevitabili deragliamenti emotivi (in un senso o nell'altro) di chiunque si avvicini all'argomento, il pezzo ha il pregio di cominciare a togliere la questione dalla dimensione della cronaca per inserirla in quella della storia ormai scritta, col naturale effetto di levarla dal terreno di scontro e di poterne cominciare a parlare col distacco necessario a un'analisi ponderata.
Il "Cosa resterà della Mens Sana Basket" è riferito nel pezzo (non solo ma soprattutto) allo "spirito Mens Sana". Definibile come un fattore ambientale dato da quel particolare senso di appartenenza di un gruppo a una missione, in comunione con l'ambiente attorno. Dato a volte anche dal rapporto coi tifosi, con la città, nell'affrontare le difficoltà come un corpo unico.
Uno spirito vissuto l'anno scorso nel vortice delle mille vicissitudini attorno al campo. Presente anche l'anno precedente, quello dello scudetto dopo il forte ridimensionamento. Meno vivo negli anni del dominio, salvo riaccendersi nelle avventure europee o quando ci si sentiva (a volte senza motivo) "sotto attacco". E non deve stupire, anzi mi sembra legittimo, che c'è già chi dice che questa nuova squadra in Serie B trasuda e trasmette forte questo "spirito Mens Sana".
Più che lo "spirito Mens Sana" - che colgono di più i tifosi, e che poteva nascere solo alla Mens Sana -, credo che la peculiarità della Mens Sana Basket fosse il "metodo Mens Sana" - che forse colgono di più gli addetti ai lavori, e che poteva nascere ovunque e invece è nato qui-. Che non c'entra con la città, coi tifosi, con le radici. Non c'entra con l'esterno, c'entra con se stessi. C'entra con un gruppo di lavoro, che è portatore di un metodo di lavoro e che ha un'etica di lavoro.
Sopravvissuto alla partenza degli uomini, anche di alcuni padri fondatori, non perché chi è rimasto ne era portatore in maniera maggiore, ma perché è diventato una cultura sportiva, tramandata con l'esempio con dosaggi tra leggerezza e fanatismo via via reinterpretati dai nuovi arrivati. Non è detto che coincida coi successi, ma spesso è naturale che succeda. Declinare la passione (che hanno più o meno tutti) su scrupolo, dedizione totale di energie e tempo, cura del dettaglio (che non hanno tutti).
E' quel livello del discorso in cui Siena è stato un modello da imitare, o almeno da prendere a esempio, anche per chi non ha mai nascosto forti recriminazioni per fattori esterni come arbitraggi o conti fuori posto. Una scuola, un modo di fare basket (e sport, e tutto). La via per l'eccellenza. E' questo che tanti inseguono per una vita e che riesci a costruire negli anni, forse, solo se sei molto bravo, molto portato e molto fortunato. E che - a differenza dello spirito - la fine della Mens Sana Basket ha spazzato via.
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